Cronistoria

La mia vita artistica

Filtri: Tutti gli anni 2005

2005

Non si può negare alla pittura di Giuliana Avanzini, seppur inequivocabilmente aderente, nel suo conclamato figurativismo, alle immagini della realtà, una duplice intrinseca sostanza.
Sostanza è stile. Con il segno nitido e chiaro, la solidità pietrosa e al contempo cristallina e luminosa della forma, la rigorosa struttura dei volumi, la ricerca minuta dei particolari.
Sostanza è emozione. Con la tensione di ricercare nelle cose un’espressione del sublime, il senso di ciò che è misterioso e sconosciuto.
Contenuti che puntualmente si ritrovano nei vari soggetti che l’artista affronta.
Numerosi i suoi lavori a tema “paesaggio”.
Irrilevante sapere da quale luogo geografico scaturisca l’ispirazione. Essa può trovare innesco da uno scorcio della Bretagna, come da un angolo di Parona (piccolo paese vicino a Verona), da un torrente della Corsica, come da una stradicciola delle colline toscane.
Importanti sono i fattori leganti. La precisione nel dire della fragilità di un filo d’erba, della ruvida forza di una quercia, dell’arabesco di una siepe, delle accidentalità di una roccia, del fragore dell’onda che si frange sugli scogli, della solidità antica di un muro. E la fantasia di trasformare, a colpi di luce, la materia arborea in un canto polifonico, i grandi massi in totem sacrali, i sassi presso il mare o un torrente in strane figure umane o in cigni che s’inchinano nell’occhio d’acqua, un gruppo di modeste case in un limbo di fiammanti tramonti incuranti dell’imminente notte.
Alle volte la pittrice inserisce nello scenario un personaggio, una fanciulla assorta che riporta, (alla Friedrich), alcuni elementi romantici. Come il rapporto dell’essere umano e natura, la solitudine individuale e la comunione con l’universo, il senso d’aspirazione all’infinito, d’angoscia e d’instabilità dell’esistenza, il tentativo continuo della composizione dei contrari, la vitalità insopprimibile ed ininterrotta dell’intrico dei sentimenti e il desiderio permanente di chiarezza.
Sensazioni che animano anche la serie dei “mimi di strada” con le figure intrise di pallore nella colorata fantasmagoria della città, e delle “scene di danza” con il passo convulso dei ballerini spagnoli.
Sono figure impresse di una potente carica emozionale che sprigionano, con termini di meditata immaginazione o d’accesa passionalità, un racconto realistico di assoluta verità umana.
Delineate in un ben preciso dettato disegnativo, si abbandonano alla stanchezza del vissuto, o si liberano nel calcolato impeto del passo (perfettamente colto dall’autrice), in una irruenza vitalistica fatta di gesti carichi di una icasticità furente e di quasi avvertibili suoni.
La pennellata esalta al massimo l’atteggiamento e il movimento suggeriti dall’interiorità, e non si basa unicamente sull’inclinazione ad una cromia accesa e “drammatica”, o in obbedienza allo choc emotivo dell’indagine. Ma con l’accostamento di stesure, ora larghe ora frantumate, crea forme plastico-lineari assolutamente modulate che portano il sigillo, sia di una partecipata e dolente commozione, sia di una ritmata, armoniosa eleganza.
Vera Meneguzzo Giornalista e critico d’arte

Opera di riferimento: mimo grigio

  • 1