CRITICA

Recensione critica sull’Opera Pittorica di Domenico Ursillo.

 

     28 gennaio 1950: nasce a Marzano Appio, paese povero ma sano dell’Alto Casertano, Domenico Ursillo, un bimbo di umili origini ma di famiglia di sani principi, laboriosa e onesta, esattamente come sarà la sua arte da lì a pochi anni. Quasi 9 anni dopo, il 7 dicembre 1958, nascerà un altro bimbo negli Stati Uniti d’America, figlio di emigranti coinvolti nella tragedia del naufragio dell’Andrea Doria, ovvero il sottoscritto, oggi docente di arte e critico d’arte. Ironia della sorte: Domenico Ursillo ed Ermanno Di Sandro vedranno nuovamente incrociarsi i propri destini, dopo anni di reale e stimata conoscenza reciproca. Ermanno sarà spesso presente sin da giovane con i suoi familiari e genitori, oggi non più in vita, alle vernici di Domenico, ma mai avrebbe immaginato di dedicare un giorno all’amico emigrante, trasferitosi a Milano così come ebbero il coraggio di fare i propri genitori anche se molto prima, negli Anni Cinquanta, la presente recensione, la quale suggella e corona la sua meritoria attività artistico-pittorica.

     Quando si parla di destini incrociati, dopo anni di oblio e di allontanamento dovuto al lavoro ma anche alla casualità, ma in fondo – rifletto – la casualità non è mai tale… Sarebbe stata semplicemente l’alea del destino a entrare in gioco: dopo la presenza dell’amico Ermanno alle vernici degli Anni Settanta e Ottanta, ci si perse, per poi ritrovarsi casualmente su Internet, ma soprattutto grazie a uno spettacolare quadro del 1972 un tempo acquistato dai suoi genitori, oggi rivalutato dall’occhio attento, competente e sensibile del critico d’arte (e d’architettura) che è in Ermanno, che è in me, un olio su tela in Stile Neoimpressionista, certificato e autenticato senza remore dall’Artista, che forse di quel quadro aveva perso memoria… Non era consuetudine in passato documentare infatti con bozzetti preliminari e preparatori, schizzi, appunti e fotografie, seppure in bianco/nero, la produzione artistica dell’epoca, e neppure archiviarla. Oggi Internet ha facilitato il compito, ma ha anche reso ancor più gravoso il compito del creatore-artista, che non può trascurare nessun aspetto del processo generativo dell’arte medesima nonché nello specifico delle sue opere.

     Ma come potrei definire lo stile di questo grande quanto umile Artista, chiuso nelle sue riflessioni artistiche ed emozionali quotidiane? Come collocare la sua opera di quasi 60 anni di intenso e ininterrotto lavoro? Come coronare il suo incessante fare artistico con una recensione degna della sua bravura? Ebbene, le responsabilità del critico fanno parte delle regole del gioco, ma non sempre si ha il coraggio di dire ciò che si individua e si pensa, soprattutto se clamoroso, unico, fuori dalle regole dello scrivere le cose con equilibrio, senza generare “traumi” nell’opinione pubblica degli iniziati e degli esperti d’arte…

     A me piace l’audacia, questo è il problema (se di problema si può parlare), e sono ben lieto di dire finalmente la mia, dopo tante pubblicazioni, articoli, mostre, vernissage, qualche collettiva (sono in realtà tante, ma mi concentro sempre quasi esclusivamente sulle vernici), dopo l’acquisizione delle opere del Nostro presso collezioni pubbliche e private, gallerie, pinacoteche, collezionisti, e via discorrendo. Oggi però suggerisco anche all’amico Domenico un’opera di eccezionali dimensioni, che forse metterà a dura prova la sua resistenza e anche salute, ma è necessario che lo faccia, per le esigenze della grande arte che è terapeutica, senza più esitare: io mi prenoto già da ora come suo “ispiratore” e critico d’arte ufficiale, per cui il binomio, visto che siamo ancora in vita, stavolta resterà inscindibile, collocato nelle pagine della storia dell’arte e di volumi e trattati artistici… Tutto questo dopo che la vita ci ha portato casualmente a ritrovarci, anche se per ora solo su uno schermo, quello del personal computer…

     Ora farò ancor più sul serio: nelle opere di Domenico Ursillo, nei suoi spettacolari quadri dipinti a olio su tele sia pure quasi sempre di ridotte dimensioni, sono presenti alcuni caratteri semantici e tipologici, essendo spesso raccontate e rappresentate architetture semplici e spontanee in ambienti idilliaci quanto incontaminati, autunnali o invernali, più spesso primaverili ed estivi. Gli scorci architettonici, i blocchi edilizi di quell’arte costruttiva spontanea del passato che ha dato forma a innumerevoli Comuni della nostra meravigliosa penisola, le scale che si insinuano tra le abitazioni che si inerpicano sui colli e sui poggi, i muretti a secco o in blocchi di tufo o in cemento, gli scorci che fanno penetrare spettacolari effetti di luce e di colore, ma che proiettano altresì effetti di ombre proprie e portate, ebbene sono tutte intuizioni appartenenti al suo personalissimo lessico, che il Nostro ha via via migliorato e reso ancor più raffinate nel complesso compositivo, ma anche nei dettagli più minuti, e si sa che l’Opera d’Arte è data soprattutto dai dettagli e particolari non sempre visibili dopo un primo sommario sguardo e analisi. Gli innumerevoli effetti di luce a volte cangiante generano vibrazioni che sanno ammaliare e affascinare l’osservatore, il quale, incantato, entra in osmosi perfetta e ricca di emotività nella materia stesa con maestria e poesia sulla tela.

     Quando furono realizzati dall’Artista i primi quadri neoimpressionisti, avevo poco meno di 16 anni, ma quei quadri hanno sicuramente cambiato la mia vita e la mia anima sognante. A settembre e ottobre a Marzano Appio ricordo che nascevano i funghi dopo le prime piogge, ma anche che cascavano dagli alberi di castagno i preziosi frutti dopo la pioggia ed il vento dei fenomeni temporaleschi sempre più incalzanti (all’epoca), a Marzano per altro piuttosto violenti già all’inizio dell’autunno. Le foglie ingiallite cadevano anche sotto la casa dei miei genitori, e avvertivo lo scrosciare delle piogge a tutte le ore, soprattutto la notte, stimolando il mio sonno con la monotonia del suono e del fruscio delle fronde, del vento, della caduta dei rami e delle castagne… Queste sensazioni sono le medesime di Domenico Ursillo, e non potrebbe essere diversamente, per cui ritengo con una punta di orgoglio di essere il più grande conoscitore della genesi dei suoi quadri al mondo, e lo dico senza neppure esagerare…

     Oggi vedo anzi intravedo nella sua meravigliosa e raffinata pittura ”sognante” il Puntinismo, il Divisionismo, appunto una originale forma di Neoimpressionismo, ma anche quella che definirei come una nuova corrente del Neo Surrealismo-metafisico, o, come si preferisce, di una nuova Metafisica surrealista, con una visione architettonico-ambientale (e ambientalista) capace di originare reminiscenze di scorci di borghi e involucri relativi allo spontaneismo del costruito ambientale di una cultura contadina, inizialmente solo campana ed in particolare del Gruppo Vulcanico di Roccamonfina, oggi presente solo nei suoi ricordi giovanili.

     Per l’Ursillo l’arte è libertà assoluta dello spirito, è fantasia, libertà dalla natura stessa e dal mondo della conoscenza fenomenica, libertà dalle tante forze del mondo che ci imprigionano quotidianamente. L’arte è libertà da tutto, anche dalla libertà stessa, e la vera arte non va confusa con l’estetica e il gradevole.

     Il Nostro certamente intuisce quanto l’estetica ed il gradevole siano presenti nel nostro patrimonio biologico, nel DNA di ognuno di noi, e che l’arte viaggia nell’universo e nel mondo, incontrando l’energia primordiale, muovendosi in ogni dove. Forse egli pensa persino che per alcuni l’arte è inutile nella sua grandezza di libertà totale e che è spesso poco compresa, perché la gran parte della gente si limita all’estetica ed al gradevole (“mi piace” oppure “non mi piace”), non comprendendone il linguaggio, il significato, la semantica. Domenico Ursillo tutto questo non può non saperlo, soprattutto che nell’arte possiamo sentire l’emanare cosmico, l’energia universale e vitale, il fantastico, la creatività, la fantasia, l’immenso, eterno ed infinito viaggio, l’esoterico, la vita. Infatti l’arte non può che viaggiare liberamente, staccandosi dal decorativo, dai valori estetici, dal gradevole.

     Aggiungo ancora quanto segue.  L’arte corrisponde al giorno d’oggi ad un concetto molto più ampio, allargato, estremamente diverso dalle considerazioni su di essa di appena un secolo fa o poco più. Una frase del celebre Cesare Brandi, grande teorico del restauro, recitava più o meno nel modo seguente: “L’arte è arte nel momento in cui viene riconosciuta come tale”, ovvero in presenza di un riconoscimento ufficiale, chioso io. Dunque non tutto è arte, nonostante il concetto stesso di arte, come scrivevo poc’anzi, si sia molto allargato in questi ultimi decenni. Al contrario, ben poca produzione è arte nella realtà odierna, anche se le tecniche non sono più solo quelle tradizionali: oggi ce ne sono di innovative e digitali, persino tridimensionali. Ma le opere di tante pittrici e pittori figurativi contemporanei, anche minori (ma solo nella notorietà), sono sicuramente Arte con la A maiuscola, elaborazioni di elevato valore tecnico-semantico, in cui cuore e raziocinio si fondono generando linguaggi diversissimi che emozionano, seducono, fanno volare alto, dove colore e segno, tecnica e materia, talento, studio, creatività, intelletto, emozione e sentimento generano meravigliose elaborazioni d’arte, anche materico-spaziali oltre che, come avviene nella maggior parte dei casi, bidimensionali.

     A partire dal ‘900 le tecniche della cosiddetta arte moderna e successivamente contemporanea sono quelle che rompono con la tradizione, per un uso diverso dei materiali e grazie ai nuovi processi generativi dell’arte medesima. Gli stessi principi dell’arte vengono messi in discussione da nuovi linguaggi, quasi tutti ideati da artisti di grandissimo talento che, prima ancora di essere informali, materici, astrattisti o altro ancora, erano figurativi. Questi nuovi artisti amano sperimentare e ricercare risultati inaspettati, originali, sorprendenti, combinando più tecniche, o ideandone di nuove. Nascono le avanguardie proprio all’inizio del secolo scorso, ed i nuovi artisti iniziano un nuovo percorso figurativo, guardando con diffidenza alle tecniche artistiche tradizionali, troppo legate ad un passato considerato oramai remoto. Nascono movimenti, scuole, si sperimentano tecniche che appena qualche decennio prima sarebbero state considerate la negazione stessa dell’arte.

     Occorre inoltre evidenziare che avanguardia è la denominazione attribuita ai fenomeni del comportamento o dell'opinione intellettuale, soprattutto artistici e letterari, più estremisti, audaci, innovativi, in anticipo sui gusti e sulle conoscenze. Con il termine di avanguardia si evidenziano quei movimenti letterari o artistici che propugnano o attuano nuove poetiche o nuovi modi espressivi in contrasto con la tradizione e con il gusto corrente.

     Domenico Ursillo studia inizialmente da autodidatta, caparbiamente, ma umilmente studia e frequenta musei, pinacoteche, gallerie, e sa anche chiedere con tatto, quasi in punta di piedi, consigli ad esperti d’arte e galleristi, critici d’arte quotati che vedono in lui talento e tanta voglia di una silente affermazione.

     L’arte del Novecento è la sua imprescindibile base di partenza, ed il giovane Ursillo inizia a studiare, se non altro per allargare i suoi orizzonti, anche le fertili sperimentazioni cubiste dei collage di Georges Braque e Pablo Picasso, nelle quali si combinano tessuti, etichette, frammenti di stoffa, carta di giornale, stagnola, la stessa pittura ad olio o a tempera.  E’ consapevole di quanto quel modus operandi abbia generato un nuovo, straordinario linguaggio artistico: il collage nasce con il cubismo e viceversa, secondo un’osmosi che si consolida negli anni.

     Poi l’Ursillo abbandona quasi subito gli studi relativi agli sperimentalismi delle avanguardie, perché preferisce ritornare alla visione della tradizione pittorica italiana del passato con cui ritornano elementi del linguaggio visivo e figurativo come il chiaroscuro, le prospettive, le ombre, la figura e lo sfondo, le linee di contorno, il volume e la massa in scultura (Arturo Martini, Giacomo Manzù). Apprezza il rispolvero dei grandi maestri del Trecento e Quattrocento: Giotto, Masaccio, Piero della Francesca. Ma la vita di Marzano Appio, una vita classicamente lenta scandita dai blandi ritmi della quotidianità, dove vivono prevalentemente agricoltori e piccoli allevatori di animali da cortile e pecore, asini e muli, dove le attività artigianali permeano il paese e le sue numerose frazioni grazie alla produzione giornaliera di botti e tini, manufatti per quella vita povera contadina, non può che essere il suo background culturale, quello che lo influenzerà per tutta la vita (compresa la mia).

     Nel secondo dopoguerra grazie ad una vita metropolitana sempre più incalzante nei suoi ritmi e riti si passa con disinvoltura nel mondo dell’arte ai materiali poveri, di recupero, naturali o artificiali, oggi tuttora di gran moda per le loro immense potenzialità espressive che donano libertà a chi se ne serve. Grande è il successivo impatto a livello di sforzo fisico che richiedono le opere di Jackson Pollock (Espressionismo Astratto) che fa del “dripping”, il famoso “sgocciolamento”, e del “gesto” gli elementi fondamentali della sua ricerca artistica. Ma nell’Alto Casertano si è lontani anni luce da quella visione frenetica della vita cittadina, e quest’aspetto detta e scandisce l’arte dell’Ursillo, nonostante egli emigri ben presto, negli Anni Settanta, in una città ricca di stimoli culturali e artistici come la metropoli milanese, dove vive sin dalla giovane età, quella di un ventenne prossimo ai trent’anni.

     Nelle sue opere si intravedono al contrario la quiete silente, la bellezza pura della natura e dei volumi edilizi, l’attimo fuggente della luce che esalta pareti e piani di calpestio determinandone le variazioni di colore, donne con i loro caratteristici costumi contadini e lunghi vestiti di un’epoca che fu, in processione o in gruppo, anche loro “metafisiche” perché come scolpite nell’immagine pittorica… Sembra di avvertire i ritocchi delle campane di chiese e cappelle che invitano alla messa serale, così come si intravede il chiarore di candele o luci poste dietro le anonime finestre che si affacciano su selciati regolari anche se a volte impervi…

     Il Nostro medita e contempla, e trasferisce questo pathos solo a chi apprezza il suo linguaggio, ma anche un’energia positiva d’altri tempi che seppe forgiare luoghi e sane popolazioni. Il tessuto cromatico è ricco di calore, di luce, di lirismo che ci riporta indietro di molti decenni, mentre le composizioni dei paesaggi sono equilibrate mostrando fughe prospettiche semplici quanto sapienti, spesso con un sol punto di fuga non sempre facilmente individuabile.

     I vecchi borghi e blocchi edilizi sembrano recitare tutti insieme, e sono spesso i protagonisti assoluti delle tele e dell’ispirazione creativa del Nostro, mentre le ombre ne definiscono meglio la corposità volumetrica con un utilizzo del pennello in migliaia e migliaia di puntini e ritocchi. Si scorgono spesso anche le montagne che contornano il cielo con le loro cime, un tempo innevate e spoglie di fronde e fogliame grazie alla caducità di alberi secolari…

     Il suo è spesso un tripudio di colori e di luce, di tinte calde e fredde a seconda della stagione che immagina, di scorci rigidi ma a volte anche festosi attraverso le abitazioni e le chiesette, di viste persino conventuali (Convento dei Lattani a Roccamonfina), ma anche ambientali quando rappresenta castagni e alberi in fiore, forse ciliegi e peschi, chissà… La sua è una pittura originale, fantasiosa anche se apparentemente rigida nella precisione volumetrica di un costruito così raffigurato, dimostrando il Nostro di essere un vero maestro del colore che interpreta a meraviglia luoghi ed emozioni in un linguaggio unico e irripetibile nella sua ineffabilità.

     Seguace certamente del Pointillisme e degli stessi puntinisti e divisionisti, Domenico Ursillo sa rappresentare il silenzio dei luoghi di origine nella costruzione di scorci e paesaggi. I colori, abilmente scomposti in maniera quasi impercettibile, trovano la loro unità nella mente dell’incantato osservatore che ammirato contempla volumi plastici e grevi di un costruito che ci riporta al Sette-Ottocento, ma anche al Novecento che egli vive quotidianamente, direi serenamente nelle sue elaborazioni e contemplazioni.

     Infine mi pregio ultimare codesta mia disquisizione elencando ulteriori aspetti dell’arte dell’Ursillo, completando in tal modo i miei pensieri artistici e riflessioni sul suo fare artistico negli anni, compresi gli ultimi pre e post Covid, purtroppo una sorta di spartiacque per ogni artista che io conosca.

(Unicità creativa) Grazie a questa sua libertà creativa ogni sua opera d’arte rappresenta nel suo risultato finale un atto artistico grandioso nella sua unicità creativa, da tutelare in quanto tale e da tramandare alle future generazioni.

(Il gesto artistico) Ogni suo gesto culturale ed atto artistico risulta concepito, meditato, elaborato, studiato, perfezionato, ed in esso convivono talento, studio, creatività, tecnica, fare artistico, intelletto, emozione e sentimento.

(Gli atti artistici contemplativi) I suoi atti artistici sono contemplativi, mentre risulta dinamico il suo intelletto; inoltre appare chiaro che il Nostro sia consapevole che ogni sua opera creativa risulti infinitamente superiore alla più dotta critica su di essa, grazie alla consapevolezza del suo ruolo in seno all’arte figurativa e del suo intrinseco valore.

(Un nuovo concetto di bellezza) Domenico Ursillo esprime con mirabile efficacia un nuovo concetto di bellezza teorica ed irreale, che di fatto non esiste, quella che contrasta con il grigiore della quotidianità della vita e dell’ambiente stratificato urbano degradato di molte realtà territoriali italiane ed europee post industriali.

(La quinta dimensione) Per Domenico Ursillo esiste una sorta di quinta dimensione, dopo quelle spazio-temporali: è quella dell’intangibilità dell’emotività e dell’impalpabile, quella dell’emozione e sensibilità che può portare chiunque a spasso nel tempo, al di là dell’arroganza scientifica, illuministica ed ateistica per la quale non esiste l’indimostrabile: per l’Artista invece l’indimostrabile esiste fino a prova contraria.

(L’artista al vertice della piramide sociale) Per il Nostro è l’arte e solo l’arte ad essere portatrice di immensi valori etici e culturali ed a dare fortunatamente valore alle miserevoli esistenze degli esseri umani: questo è ciò che sublima, esalta, spiritualizza e nobilita ogni artista, uomo o donna che sia, che gli regala l’eternità, elevandolo al vertice della piramide sociale dell’essere umano.

(Arte come megafono dello spirito) L’Ursillo dà la massima libertà espressiva alle sue opere unitamente all’impiego di tecniche già consolidate, raramente innovative, secondo linguaggi i più vari, generalmente su supporti tradizionali: il risultato finale è dato dalla sua voce in quanto megafono dello spirito e dell’interiorità ed evoluzione culturale, delle esperienze, dei sentimenti ed emozioni, del suo pensiero.  

(I processi creativi) Domenico Ursillo e la sua arte rappresentano la naturale innovazione dei processi creativi ed artistici, essendo capaci di varcare altri orizzonti, rinnovate culture, promuovendo sempre l’amore per il bello superiore, l’armonia e la purezza delle emozioni; egli entra nell’arte con il cuore, ancor prima che con la testa, documentando il suo essere al mondo, testimoniando la realtà esistenziale della sua vita, non solo artistica, partendo - ma non palesandolo - dal basso di una vita comune a tante altre persone semplici quanto umili.    

(Libertà totale) Egli esprime libertà totale tra la gente e per la gente: l’azione per Domenico è fondamentale, ma l’essere anche semplice ed immediato, trasformando di conseguenza la sua nobile utopia in realtà artistica, e non solo.

(L’arte dal basso) Per Domenico Ursillo, anche se non lo comunica espressamente, l’arte deve provenire dal basso: tante persone, per un’infinità di problemi presenti nella società, ne rimangono escluse, per cui non possono esprimersi né comunicare, e purtroppo a queste persone non vengono concessi spazi e luoghi per esprimersi liberamente. Sotto questo aspetto il Nostro è stato decisamente più fortunato di tante altre persone e colleghi.

(La produzione artistica) Il Nostro ha tra i suoi obiettivi quello di lasciare all’umanità produzioni artistiche di elevato livello, da documentare, classificare, catalogare, archiviare, ordinare e sistemare in maniera organica per le future generazioni, per i critici, storici dell’arte e ricercatori, per gli studiosi in genere, tutelandone il ricordo attraverso la documentazione relativa, ovvero schizzi, disegni, bozzetti, fotografie, appunti di lavoro, osservazioni scritte.

 

Prof. Arch. Ermanno Di Sandro, Writer and Art&ArchitectureCritic@

Prefazione  dal catalogo  Domenico Ursillo  COLORE FORMA ARMONIA

Parlare di un artista come Domenico Ursillo non è cosa semplice, non solo per chi, come me, scrive di lui ma anche e soprattutto per coloro che vogliono cimentarsi e immergersi nell’opera di questo pittore contemporaneo.

La sua biografia, i premi e i riconoscimenti, le menzioni e gli incontri d’arte sono fatti conosciuti e basta ricercare il suo nome nell’universo digitale per trovare tutte le notizie del caso. Ma il mio intervento non può essere un elenco di pagine e pagine di prestigio e di premi vinti ma è un doveroso lavoro di analisi della sua produzione, partendo dalla semplice e unica pennellata che plasmerà, di lì a poco, un turbinio di luci ed ombre mai scontate.

Domenico Ursillo è un Artista composito, si cimenta in diversi generi ma è soprattutto un Paesaggista di lunga data: il suo substrato è ravvisabile nelle migliori avanguardie italiane ed europee tra fine Otto e primo cinquantennio del Novecento. A chi guarda per la prima volta un suo quadro, non può sfuggire la raffinata tecnica impressionista; la sua pittura si costruisce attraverso stesure continue e meditate di colore che risplendono di una luce che sembra provenire da dentro la tela: solo una conoscenza analitica e dal vero della Natura può spiegare l’anima più intima del pittore.

E lui stesso lo testimonia quando testualmente spera “…di creare qualcosa che possa entrare nell'anima di chi osserva…”. E lo fa con una forza tale che l’osservatore non può che esserne ipnotizzato. Le sue migliori e più convincenti interpretazioni sono di sicuro le campagne autunnali e invernali, quando i colori caldi creano rimandi non usuali con ciò che ci circonda.

  Ha ragione il critico Salvatore Russo quando, parlando di una delle più impegnate e impegnative opere del Maestro, Sole d’Inverno, non usa mezzi termini: “Per guardare un’opera così, ci

vuole impegno, ci vuole la voglia di volerla scrutare tutta, perché un’occhiata fugace non basterebbe a coglierne l’essenza, quella vera. Uno stile, scelto dal pittore…, che induce…a voler quasi esaminare ogni singolo punto del quadro, per poterlo continuare a scomporre e ricomporre una volta dopo l’altra. …Quiete e silenzio, il solo fruscio delle foglie e i propri passi, sono quello che si sente osservando il quadro e desiderando di sentirsi parte di esso”.

Lo spettatore deve rimanere strabiliato, esterrefatto, emotivamente trasportato nella realtà ri-creata da Ursillo. Così Sgarbi, a margine del suo intervento ne sottolinea il trasporto emozionale: “La sua creatività detta vibrazioni emozionali, con grande capacità nel destreggiarsi nell’affollata giungla delle nuove tendenze creative, restando ben fedele alla sua natura impressionista, fulcro della sua creatività, germoglio prezioso custodito nella sua incontaminata anima di Artista”.

Volendo valutare a soggetto e settorialmente la sua produzione, la considerevole raccolta di dipinti si potrebbe, piuttosto che analizzare cronologicamente la produzione dello stesso, dividerla in quattro macro-categorie: Paesaggi rurali, Paesaggi cittadini, L’uomo e la natura, Nature silenti o, più comunemente, Nature morte. Ma è una divisione che accompagna continuamente l’artista e, se si esclude un naturale trasporto nei riguardi dei paesaggi, si ritrovano in tutta la sua produzione artistica.

   L’uomo fa la sua comparsa solo sporadicamente nei suoi spaccati e nei sui tagli pittorici: lo ritroviamo con le sembianze di un fraticello, di corredo e seduto su una panchina mentre si crogiola nel prendere gli ultimi raggi di sole che bagnano la

natura, in ragazze di spalle che, come il solitario e muto spettatore di Friedrich (anch’esso, tra l’altro, ripreso di spalle), hanno un valore secondario e comunque solo di “riempimento”, quasi a scrutare ciò che la natura ci sta donando! L’osservazione del mondo circostante diventa quindi essenziale: il voler dipingere en plein air, come si usa dire dagli Impressionisti in poi – ma ancor prima con tutta la corposa e magnifica schiera dei Posillipisti napoletani o dei Macchiaioli toscani – costituisce di sicuro il substrato veritiero e punto di partenza della poetica ursilliana. Non potremmo ammirare e lodare i suoi paesaggi senza pensare al rimando a qualcosa di visto dal vero. Così la neve, i prati le fogli ingiallite, le ombre del meriggio o quelle del crepuscolo, sono emozionali perché vere.

Se la poetica del colore impressionista – ancor più, puntinista o pointilliste che dir si voglia – pervade gran parte dei paesaggi rurali, un muto primitivismo alla Masi o un gusto metafisico delle famose Piazze d’Italia riecheggia con eco latente nelle assolate mura cittadine, alcune realizzate con ampi spazi e attraverso ariose vedute architettoniche, altre addossate le une alle altre, a memoria di un passato medioevale fatto di stradine strette e ben difendibili, oggi riverbero di quello che sono stati i nostri borghi.

  L’essere originario di luoghi immersi nei boschi come l’Alto Casertano di Marzano Appio (terra d’origine del nostro) e di ameni e silenziosi luoghi come Roccamonfina con le sue frazioni di Cicioni, Tavola, San Domenico (soggetti cari e ricorrenti nelle tele di Ursillo), ha ricreato quella congerie di elementi che poi troviamo anche, come ricordi sempre attuali, in altre opere di soggetto indefinito e, per i più, immaginifico; ma così non è, perché la memoria ha “fotografato” quei luoghi che, all’occorrenza, ritornano a colmare, come quinte architettoniche, le limpide visioni del paesaggio italiano.

Si rimane del resto meravigliati di fronte all’inconfondibile tratto dell’artista: pennellate minuziose, chirurgiche, ora più larghe, ora meno, quasi virgolettate ma sempre ben modulate, che creano una visione pacata e rilassante dei luoghi. Tale trama diviene abbastanza evidente se si fa lo sforzo di guardare da una posizione abbastanza ravvicinata la stesura dei colori, mentre l’occhio, com’è d’obbligo, riesce a uniformarli e a ricomporre il tutto se è a una certa distanza dalla tela.

Questi rimandi diremo a forme ben conosciute ci testimoniano come la tradizione pittorica del dato reale non è venuta mai meno nel nostro pittore: i rimandi a correnti più o meno noti ci sono, è stato accennato poc’anzi, ma il filone è sempre quello di pitture che hanno a che vedere con la sfera del “formale”, contrapponendolo al filone informale più propriamente e che ha dettato mode e consuetudini pittoriche in questi anni, a volte colme di solo tecnicismo ma prive davvero di quell’anima che si ritrova in tanta produzione e italiana e estera.

  Nonostante il dato reale non sia stato mai abbandonato da tanti artisti più o meno conosciuti e ad esso ci si è rivolto durante la prima e la seconda metà del secolo da poco trascorso, in Ursillo non si declina mai con sterili o vuote proposizioni, il tutto soggiace a emozioni che scaturiscono dall’anima. Anzi, si potrebbe pensare che con le immagini Domenico dia spessore e nuova vita a poetiche sommesse che solo la mente e l’anima possono cogliere. Ma non è da tutti, perché le persone non devono solo guardare la superficie delle cose ma cercare di catturarne il messaggio profondo, che un’immagine dipinta concede e che, in questo caso, rimanda a tranquille visioni che appagano gli osservatori, anche quelli meno attenti al dato reale.

Ed è in ciò che si pone l’attento studio dell’artista, il quale, nel proporre e fermare il tempo di un dato luogo, oggetto o azione, crea un substrato caro di ricordi per chi si immerge nella sua opera, ancor di più per chi, soprattutto nei paesaggi, quei luoghi li ha percorsi e vissuti.

Ne scaturisce un trasporto emozionale che, penso, sia davvero il messaggio vero che il pittore vuole lasciare di sé. Non è certo un plauso che si cerca, non è ostentazione di bravura intrinseca, è qualcosa di più complesso, qualcosa che benissimo si può rendere con la corrispondenza di amorosi sensi di foscoliana memoria. È un rimando non univoco, perché solo pensandola in questo modo l’opera “vive” davvero.

Dr. Gianni Gallinaro

Critico d’arte

Da molti anni anzi direi, da troppi anni, il mondo dell’arte è tormentato da una diatriba tanto sterile quanto vana sul prevalere dell’informale sul figurativo, ritenendo la seconda corrente come obsoleta e ripetitiva sulla scia, sempre più vacua, di un classicismo “nobile”, adesso immagine sbiadita di un tempo favoloso, ma giunto ormai da molto tempo ad una meta invalicabile oltre la quale non vi è più nulla che valga la pena di affannarsi nella ricerca della perfezione oltre la perfezione; sarebbe un continuo rielaborare il “deja vu” avvitandosi ad un giuoco perverso molto simile ad un inganno visivo ed espressivo. Io non ho avuto mai nulla da ridire sull’informale e tutte le espressioni artistiche che sono venute affermandosi in svariati anni, ma sta proprio nella mia comprensione un obiezione che è alla base della mia “idea”, opinabile certo , ma scevra da condizionamenti materialistici o di vacua tendenza legata a teorizzazioni che hanno più l’apparenza di frivola moda che vera convinzione intimamente critica. La mia “idea” è talmente ovvia da sembrare semplicistica, ma felice d’andare incontro ad eventuali critiche l’espliciterò egualmente: l’infor-male e tutto l’altro non può prescindere dalla pittura classica, perché se così non fosse non parleremmo più di “correnti”, ma di semplici esercitazioni grafiche, più o meno apprezzabili e godibili per semplice piacevolezza cromatica, ma bella “ghirlanda” floreale ad inquadrare il “nulla”. Questa lunga e probabilmente odiosa premessa è, secondo il mio punto di vista necessaria a chiarire un concetto che ha condizionato e continua a condizionare il mondo dell'arte emarginando tutti quegli artisti che, fedeli all'espressione classica, proseguono sulla via tracciata da artisti impareggiabili, senza per questo svuotare le loro opere di contenuti emotivi e di godimento intimistico. Una conferma più che evidente si può trovare nel vasto e variegato repertorio dell'artista, evidentemente figurativo Domenico Ursillo. Questi è in possesso di notevole tecnica e feconda ispirazione, emanazione poetica di un attenta osservazione del mondo che lo circonda, uno sguardo indagatore che, sorvolando sugli aspetti banali, si focalizza su di un particolare anche minuto, che rappresenta al suo sentire artistico, il "nocciolo" fecondo estrapolato da un insieme superfluo, molte volte schermo deformante di una ormonicità mortificata da fronzoli inutili ed invadenti. Come un racconto coerente le creazioni di Ursillo percorrono strade che conducono a visioni di mondi, se non perduti, celati allo sguardo di tutti coloro che rifuggendo dal frastuono del "divertimento ad ogni costo", ricercano luoghi e visioni pervase da una musicalità dolce, serena come le armonie che accompagnavano un mondo lontano nel tempo, ma sempre presente nella mente di coloro che anelano il ritorno di una vita che nega al prossimo violenza, dolore e sopraffazione. Ogni opera di Domenico vive di una realtà disgiunta da un torpore visivo che non opacizza solo l'immagine, ma anche il pensiero e con esso ogni forma di sentimento, il ricordo di un borgo cristallizzato in un momento caratterizzante, estrapolato da una esistenza secolare. Ed ecco rivive una civiltà contadina che era regolata dalla logicità del-l'alternarsi delle stagioni, di un tempo e di un'attesa regolata dall'orolo-gio infallibile della natura che oggi, purtroppo batte i suoi rintocchi senza logica, correndo paurosamente verso un baratro che verrà colmato da un'irrefrenabile ed illogico desiderio autodistruttivo. Gli invisibili vicoli che serpeggiano tra le modeste case, accattivanti nella loro semplicità si suppone ospitano l'attività amorevole delle massaie intente a preparare il ranno per il prossimo bucato, a rimestare il sugo odoroso che compenserà lo sposo, a sera, delle dure fatiche della terra; una anziana donna paludata di nero siede davanti alla soglia della sua casa, è in attesa impaziente di scoprire l'immenso mistero dell'eternità, di un mondo "altro" che le donerà finalmente quelle gioie che le sono mancate nella faticosa e lunga vita tutta dedicata al suo sposo ed ai suoi figli, adesso dispersi nel mondo, stanchi di spezzarsi la schiena per pochi soldi ed una vita grama, Ursillo non sogna, rivede con gli occhi della memoria visioni ritenute perdute ed invece ancora attuali in tanti luoghi della stupenda campagna italiana. I paesaggi di questo sensibilissimo artista, sono il logico completamento di un insieme armonico che tante tessere di un putzle sezionano nell'atte-sa paziente di un animo pronto ad accogliere la poesia della natura, ricomporrà con logica, ridando vita, purtroppo solo visiva, ad una natura ricondotta ai primordi di un mondo non ancora deturpato dall'uomo. L'artista non disdegna di dipingere cesti di frutta, elegantemente disposta, che qualcuno si ostina a chiamare "natura morta" perché priva di vita solo in apparenza perché le mele, l'uva, i limoni e tutta l'altra frutta mostrano nel loro turgore una vitalità prorompente. I campi "fulminati" dei raggi del sole che generano vita florida, ma anche siccità e morte, non scompongono l'immobilità dei buoi in paziente attesa d'essere aggiogati all'aratro per trainarla con apparente facilità mentre il vomere "seziona" in profondità la terra grassa che dischiude il suo corpo mostrando le zolle lucenti e fumanti, pronte ad accogliere i chicchi di grano per farlo germinare e nutrire gli uomini, così come ha fatto per milioni di anni, a ritmo cadenzato dell'ampio gesto del contadino che, avanzando sparge sapientemente il prezioso frutto. Tragico ed affascinante il contrasto fra la rappresentazione degli alberi in veste invernale ed i cespugli ricchi di splendidi fiori. I primi mostrano i rami spogliati dalle foglie dalla tramontana di autunno, dita scheletriche protese verso il cielo plumbeo nell'attesa di rivivere al dolce calore solare che porta abbondanza di frutti e di allegria; adesso quelle dita adunche stridono nel gelo invernale. Visione totalmente diversa visivamente e nell'umore, i cespugli fioriti che rallegrano l'anima e aprono lo spirito alla speranza, al bello, suggerendo agli alberi di non disperare perché la natura ridarà anche a loro colore, profumi, nell'eterno alternarsi fra morte e vita, gioia e dolore e, alla fine tutto risuonerà d'armonia, lontana dalla follia degli uomini, unici responsabili delle brutture del mondo, del suo risuonare disarmonico. 
Palermo, 22.03.07 

Prof. Claudio Alessandri scrittore e Critico d'arte

Ho visto Domenico Ursillo per la prima volta nel 1978 ad un premio di pittura dove ero stato chiamato a far parte della giuria. Era un concorso che il compianto gallerista Luigi Casarico organizzava annualmente. Si chiamava, se non vado errato, il ”Leone Rampante” perché questo nobile felino era il simbolo di quel paese alle porte di Milano. Ricordo che Ursillo vinse in quella occasione il primo premio assoluto. Ancora non lo conoscevo. Mi è stato presentato più tardi e perciò non vi è dubbio che il mio voto favorevole, come quello di altri giurati, era stato spontaneo e disinteressato. Ricordo anche che mi aveva colpito della sua pittura l’at-mosfera dei paesaggi, un’atmosfera che avvolgeva gli alberi vicini e i monti lontani, la massa di fogliame dei boschi e le sue figurine ieratiche oltre che l’intenso trapasso di toni cromatici a volte cupi, altre volte rossastri e turchini del fondo delle sue tavole. Ci siamo poi rivisti e ripersi di vista più volte in occasione di mostre e convegni sull’arte, come a villa Olmo di Como e in una galleria di Milano. Ursillo, che ha iniziato a dipingere giovanissimo nel suo paese natale, Marzano Appio, in provin¬cia di Caserta aveva già partecipato ad una serie di mostre collettive soprattutto a Napoli suscitando già allora curiosità e interesse e ottenen¬do una menzione d’onore alla IV Quadriennale internazionale d’arte della città partenopea. Non dimentichiamo che Napoli era, al principio dell’ottocento, per la cultura artistica un centro internazionale sia di pittori che di poeti, basti ricordare Salvatore Di Giacomo e Raffaele Viviani. Aveva una scuola fiorente di vedutisti e il paesaggio campano, in cui la natura si intrecciava al mito, era un tema di studio prediletto dei pittori dell’epoca sia italiani che stranieri. La costruzione della veduta si fon¬dava essenzialmente sulla poetica settecentesca inglese del pittorico e la ripresa degli oggetti secondo la loro diversa reazione alla luce portava alla composizione del dipinto a “macchie “. Quindi la prima formazio¬ne di Domenico Ursillo presso il Centro artistico Flegreo e alla galleria dei Mille napoletana ha risentito di queste premesse più tardo-illuministiche che romantiche, più realistiche che scenografico-panoramiche. Nei suoi primi dipinti, ma anche negli ultimi, i rapporti di distanza non vengono ordinati lungo le linee convergenti del primo piano all’orizzonte, ma combinati secondo la qualità delle cose, cioè secondo la diversa reazione alla luce di ciò che è solido e opaco. Il taglio delle case, l’impaginazione delle finestre e degli archi ombrosi, lo scintillio dei tetti fanno riferimento a paesaggi del Mezzogiorno d’Italia, soprattutto della Campania, e di quella civiltà contadina che torna spesso alla memoria nostalgica dell’artista. Un artista che è stato definito dalla critica “il pittore dell’immagine simultanea” perché il suo assunto pittorico si avvale di una pura visibilità ottico percettiva, ma anche per le sue “magiche Presenze”. Dal 1973 non si contano le mostre e i concorsi ai quali ha partecipato ottenendo ambiti riconoscimenti dal pubblico e dalla critica tanto che nel 1980 gli viene conferito dall’allora sindaco di Milano Carlo Tognoli l’Ambrogino d’oro per la pittura. 
Dr. Marino Fioramonti 
Giornalista RAI-TV e Critico d'arte

Ogni opera proviene da un “Io” profondo e ricco di studio, i colori attribuiti ad ogni immagine danno ad ogni suo dipinto freschezza naturale e ricerca tanto cara alla scuola del nostro rinascimento rendendo l’opera del bravo artista appetibile anche a sguardi di chi non è addetto ai lavori e qui l’artista crea per tutti opere d’arte che fanno onore alla cultura, chi ammira le sue opere tocca con mano la natura che è fuori di noi ma che parla e si muove in tutte le tele dell’artista, Il naturalismo di Ursillo è qualcosa che non ha età, ci stimola ad osservare e amare la natura che Dio ci ha dato, ad aprire il nostro cuore all’amore universale. Da giornalista cattolico auguro a Ursillo tanto bene e tanti successi in Italia e nel Mondo e sono felice di aver scritto queste righe per Ursillo perchè nei nostri incontri ho potuto sempre sentire parole profonde per l’arte pittorica.

Dr. Augusto Giordano
Giornalista RAI GR2

L’artista armonizza la fantasia naturalistica con scansioni cromatiche, filtrate delicatamente con le sue composizioni dai nostalgici colori. Domenico Ursillo ama il paesaggio che lo circonda e rende l’osservatore partecipe delle sue emozioni, visitando ogni angolo abitato dai ricordi visivi. Forti di chiaroscurismi, le sue opere inneggiano al colore distribuito sulla tela con particolare tecnica, purificato da regole accademiche e nella totale libertà del suo gusto artistico, generoso nell’esecuzione del segno e del particolare. Le sue scelte compositive non sono mai casuali, ma affermano il suo messaggio ricco di malinconie e solitudini, con misteriose sequenze emotive penetrate dai raggi intensi della sua traduzione segnica. Un racconto pittorico che ascolta il suo innato romanticismo, sempre alla ricerca di nuove esperienze comunicative, indagate dal gesto metodico della bellezza figurativa. Egli non deforma la realtà, ma ne assume le sembianze memoriali, testimoniando suggestivi scorci di tranquille scene campestri, e vibrando con attenzione la stesura scenica da esuberanze stilistiche. Infatti le case, gli alberi ed i prati prendono vita attraverso un giusto dosaggio cromatico, senza adombrare i temi principali del suo idioma pittorico. Domenico Ursillo si afferma nel mondo dell’Arte con la sua pittura disinvolta, frutto di innate tradizioni basate sull’equilibrata sintesi pittorica, arricchita dell’immagine memoriale. La sua creatività detta vibrazioni emozionali, con grande capacità nel destreggiarsi nell’affollata giungla delle nuove tendenze creative, restando ben fedele alla sua natura impressionista, fulcro della sua creatività, germoglio prezioso custodito nella sua incontaminata anima di Artista.

Prof.ssa Mariarosaria Belgiovine
Critico d’arte

L’arte espressa da Ursillo con i suoi quadri manifesta una profonda vocazione interiore: portare al mondo la luce, farla irradiare dalle tele, renderla protagonista intrinseca ed estrinseca degli scorci naturalisitici rappresentati: intrinseca perché egli la rende componente inscindibile e statica della rappresentazione stessa, quasi come se essa fosse un nuovo vigoroso colore della tavolozza sapientemente stemperato in un accurato gioco di ombre; estrinseca perché la luce è una componente dinamica allo stesso tempo, in quanto proietta nel quadro, come elemento esterno, i suoi effetti, ombreggiando case, alberi, castelli, angoli di città, scorci di boscaglia, ridenticampagne. La luce, nel suo estrinsecarsi estemporaneo testimonia l’attitudine dell’artista ad ispirazioni profonde ed immediate; non un’arte ragionata ma che si apre alla vita, alla natura, alla contemplazione vissuta non con sensazioni esagerate ed inquiete ma con spirito edificato e sereno, pronto a cogliere l’essenziale del mondo in modo placido e arcadico. L’abbandono estatico a tale contemplazione sembra destinato dal morbido ondeggiare di rami, foglie e prati, dal nostro quasi incespicare per strade antiche che ci portano alla riscoperta di dimensioni passate e al nostalgico pensiero di una vita pervasa dai valori eterni. Anche la scelta dei colori discende da un animo contemplativo; è sempre diretta verso i tenui azzurri, i verdi sfumati, i gialli luminosi, gli ocra raggiangti, i bianchi candidi e i rossi brillanti; i colori stessi, mai cupi se non per rispondere a profonde esigenze tematiche, sono talvolta velati da una tenue luce, talaltra espressi decisamente e in pienezza grazie ad una vitale effusione di luce e di intensa spiritualità

Dr Felice Esposito
Critico d'arte

Pittore che sa evocare egregiamente l’atmosfera mitica del passato e dei tempi odierni attraverso una ondata corpuscolare di magiche presenze che permeano ogni anfratto con squillante accensione. Ad ogni angolo di strada, là dove cè un muro sgretolato che ricorda un tabernacolo, od un evento storico, l’artista fa scaturire riverberi dorati, persino l’ebrezza quantitistica dell’aria sembra abbeversi di ossigeno, di fibrille misteriose, di urgenze invisibili.

Prof. Giuseppe Gentile
Critico d'arte

Particolarmente suggestivo il “Paesaggio” di Ursillo qui pubblicato, denso di vibrazioni che animano un tessuto cromatico pervaso di lirismo e calda luminosità. L’intimo colloquio dell’artista con le cose si svela attraverso l’equilibrata composizione del disegno e le inedite dolcezze dei colori. Una sapiente fuga prospettica si snoda dall’ampiezza del primo piano alle presenze di fondo, dove alberi e case, accennate montagne e uno scorcio di cielo sereno racchiudono nella loro armonia le trepide emozioni di un felice momento d’ispirazione.

Dr. Vito Cracas
Critico d’arte

Domenico Ursillo è maestro del colore. Sa interpretare appieno la psicologia del personaggio e la spiritualizzazione del dramma agreste per giostrare sulle tinte calde e fredde, significando l’uso del simbolo che compare sempre all’angolo della strada, tra casa e casa, convento e convento, in una ridda festosa di scorci, di slanci vitali, di motivi evidenziati con amore per l’intuizione, l’originalità e la fantasia dei soggetti trattati.


Prof. Mario Cagetti
Critico d’arte

La pittura di Domenico Ursillo condensa, nell’ineffabile fascino della partitura cromatica, le interiori pulsioni di un animo sinceramente ispirato, capace di rivivere nell’esperienza creativa, l’emozione indelebile del contatto con una realtà paesaggistica ed umana intrisa di spiritualità. I luoghi aperti, segnati dagli interventi stagionali, le immagini di una natura colta nella sua pienezza, gli ombrosi anditi degli interni, di chiostri e palazzi vetusti, sono occasioni che l’artista privilegia per le sue raffigurazioni, che hanno il pregio della chiarezza espositiva e della poetica percezione tradotta in stile. La sua opera rivela una personalità spiccata sui valori universali, quelli propri della vera arte

Dr. Salvatore Perdicaro
Critico d'arte

Pittore che sa distribuire con piacevole senso cromatico l’aspetto composito del vecchio borgo campano, quando all’imbrunire gli umori e le ansie della gente scaturiscono dal profondo delle abitazioni nella sublimazione delle passioni umane. La sintesi di questo ricamo minuzioso ed analitico centrato sulle ocre è l’aureola di una pittura fondata essenzialmente sulla meditazione e sulla contemplazione delle cose, in modo che il flusso energetico che si sprigiona attorno all’artista sia un’emozio-ne che condensi tutte le vibrazioni del creato.

Dr. Giorgio Falossi
Critico d’arte

Il modo di far pittura di Domenico Ursillo rientra nella problematica del filosofo Henri Bergson. E’ lo slancio creativo che subentra allo scientismo, il potere dell’immediato, l’intuizione come metafora musicale, la fissazione sulla tela del concetto astratto che sfugga alla relatività. In poche parole il carattere autentico della realtà è il perenne fluire della vita essa ci viene rilevata solo dall’intuizione, la quale non coglie la realtà nella sua portata massima, la spezzetta in tanti frammenti, che sono poi i concetti determinati ed immobili che risolvono la prassi.

Dr. Antonino De Bono
Critico d’arte

Ursillo è in possesso di un linguaggio personalissimo mirabilmente sospeso, in virtù di un delicatissimo equilibrio, tra neoimpressionismo e divisionismo. Dell’impressionismo conserva l’estrema suggestione poetica di un intimo rapporto tra uomo e natura; del divisionismo quel senso della luce presente dappertutto, così che luce e colore vengono quasi a compenetrarsi fino ad essere la stessa cosa.


Dr. Angelo Pellegrino
Critico d’arte

Il problema della luce elemento catalizzatore di tutti quelli che concorrono a fare pittura è generalmente risolto da ogni artista in rapporto al soggetto prescelto per la rappresentazione segnica e cromatica. In Domenico Ursillo tale problema è talmente connesso al suo particolare modo di osservare la realtà che le sue immagini nascono e si risolvono nella luce e in virtù di essa.

Prof. Attilio Milani
Critico d’arte

E’ diventato famoso come pittore per la sua caratteristica di conferire ai luoghi campani, effigiati nelle sue tele quel pathos dei tempi andati legato profondamente alla civiltà contadina. L’artista insegue nella sua ricerca la condensazione dell’effluvio, la magica essenza degli “ioni” primordiali, la bellezza irradiante di un momento di quiete e di esaltazione creativa, Un artista che sarebbe piaciuto a Van Gogh per la sua meravigliosa potenza di focalizzare l’attimo fuggente della luce.


Prof. ssa Anna M. Mafrice
Critico d’arte

Ho conosciuto per la prima volta la pittura di Ursillo in occasione di una sua mostra personale. Il suo stile, fatto di segni asciutti e decisi, si è subito imposto per il forte realismo che pervade tutte le tele. Mi sono detto! “ecco un pittore contemporaneo che si muove sull’esempio delle grandi stagioni paesaggistiche tra otto e primo novecento.” Boschi, prati, case e vicoli cittadini sono prodotti come addizione di luce mediante la separazione, più o meno minuta, di tinte primarie e complementari. Egli associa a un’immagine naturalistica di paesaggio una componente sentimentale che si traduce in una struttura ora filamentosa, ora materica, e ora chiaroscurale. Un guizzo tutto personale lo porta a tracciare accorate vedute dove tra chiari e scuri, si esprime la poetica di un cantore della natura viva, senza tempo e spazio


Dr. Gianni Gallinaro
Critico d’arte

L’ispirazione in Ursillo nasce dal ricordo o dalla osservazione dei dati dell’oggettività presente ora ecco infatti le immagini di un sud arcano e fascinoso, ora ecco angoli di città popolati da presenze misteriose. Sempre comunque l’atmosfera creata evoca una somma di sentimenti destinati ad arrivare con il loro nobile messaggio alla percezione dell’osser-vatore.


Dr. Mario Barberis
Critico d’arte

Ursillo ha il dono della semplicità nell’illuminare pittoricamente la feconda umiltà del suo stato d’animo. Esprime con segno calmo e serena atmosfera di luce. Sono i soggetti del sud: della Campania, del Casertano, di Marzano Appio suo paese natio, dove ha conosciuto la prima formazione giovanile. Sono luoghi che artisticamente ricorda e rivive intimamente fino ai limiti dell’immaginazione mistica più sottile, che vela un senso profondo di preghiera. Anche se i muri, le case, gli stretti vicoli del paese, la campagna, la crocefissione non mancano di respiro pratico nella concezione idealista della pittura di Ursillo. Uno stile al limite della sincerità che realizza un brio puntinistico in cui favella soave il colore. Un canto di fede illuminato.


Dr. Giuseppe Martucci
Giornalista e Critico d’arte

Il sentimento del tutto estraneo al neo-impressionismo, può qui ritrovare legittima cittadinanza: umiltà e pace interiore affiorano dai puntini di questi quadri, sereno e composto, monito sorridente ad accettare con semplicità la vita in tutti i suoi aspetti e tutte le sue tappe, fine compresa.


Prof. Pier Luigi Senna
Critico d’arte

La cittadina di Marzano Appio, piccolo centro del casertano, vive la sua evoluzione, nel bene e nel male, come tutte le cose di questo mondo e probabilmente non si sarebbe mai aspettata che il pittore Domenico Ursillo, in essa nata, vissuto fino ai primi anni della sua giovinezza per poi trasferirsi a Milano, avrebbe fissato sulla tela immagini di lei co-m’era quarant’anni fa. Ne avrebbe supposto che queste sue immagini esposte in numerose mostre allestite in varie città italiane, dal nord al sud, avrebbero fatto discutere critici d’arte fra i più quotati. Scorci di case, di strade, di cortili, di giardini, di chiostri, di boschi, evocati dal pittore da quello spazio mitico la dove nasce l’arte, se fossero organizzati secondo un progetto architettonico - urbanistico riporterebbero ai nostri occhi quelle eleganti tele rinascimentali a cui i grandi architetti del tempo affidarono l’incanto di un progetto per una “città ideale”. Sarà che il pittore Ursillo ha ricevuto l’imprintig alla pittura nella terra che vide fiorire il sogno della “CITTÁ DEL SOLE” pensata da Campanella? La pittura di Domenico, nella sua quieta e quasi mistica apparenza, riflessa nell’animo di ciascuno, fa emergere e lavorare il nostro corredo di sensibilità e di cultura e ci conduce ad un lavoro impegnativo e di comparazione; ci diciamo che certe tele raffiguranti fraticelli nel chiuso del chiostro in fila sulla neve come uccelli, infreddoliti, certi muri di vecchi palazzi, le nature morte all’interno di povere e antiche case, sembrano pagine di un bel romanzo gotico. Certi scorci di boschi, di viottoli, di radure, di macchie, di arbusti richiamino visioni di Arcadia terra perduta.


Prof. Lilia Lo Savio
Critico d'arte

Il suo assunto si avvale d’una pura visibilità ottico-percettiva fondata su post.impressionismo avvincente e corpuscolare, sorprendente per la tematica e lo stile che si cala in un rigenerante rapporto di unità prospettica in un processo avvincente di ubicazione temporale. Infatti le sue immagini avvengono in una dimensione universale fatte di sintesi della visione ch’egli riempie di vibrazioni, di corpuscoli, di pennellate appena mormorate per dare consistenza ad una vaporizzazione della forma che condensa la pluralità degli stati di coscienza.


Prof. Enotrio Mastrolonardi
Critico d'arte

Colori appassionati e ricchi di luce per un racconto pittorico che penetrea nella realtà per offrire all'osservatore l'essenza della natura con la sua grande passione cromatica. Un elegante tessitura del paesaggio, rivestito delle sue sensibilità, consapevole della purezza suggestiva degli sfondi, evocati dalla sua vena interpretativa accesa e vibrante.

Prof.Gerard Argelier
Critico d'arte

Appassionato seguace dei pointillisme, Domenico Ursillo trova nella scomposizione dei colori il suo modo di trasmettere l’unità cromatica. Pittore dei silenzi e delle solitudini, costruisce in bei paesaggi, atmosfere dense di quite e luce. Gli edifici come volumi plastici impenetrabili, tutelano vite e intimità in un mondo chiuso e riservato.

Redazione GIGARTE

Chi dichiara la morte della pittura dovrà ricredersi di fronte a questa dimostrazione che l’utilizzo di una tecnica di tradizione è ancora funzionale a esaltare la bellezza della natura. Il modello a cui questo artista si riferisce viene dalla scuola francese della fine dell’Ottocento, che ha avuto due protagonisti, Seurat e Pissarro, uno differente dall’altro, ma qui ben coniugati dalla poetica del pittore.


Prof. Paolo Levi
critico d'arte

Per quello che riguarda la suggestione del puntinismo, va dato merito all’artista di aver rinnovato la lezione post impressionista. Il momento figurale qui rappresentato rivela le doti espressive e coloristiche di un artista di tradizione, e la padronanza di una tecnica non facile e capace di esaltare luci e ombre.

Prof.ssa Stefania Bison
critico d'arte

Un’opera di estremo valore artistico, come tutta la produzione artistica del maestro Domenico Ursillo. La scelta di affidarsi al puntinismo, tecnica risalente alla Francia della fine dell’800, potrebbe sembrare una scelta azzardata; si rileva invece una scelta giusta e portata a termine con grande coscienza artistica e consapevolezza stilistica. L’effetto unitario dell’opera è originale, e ci induce, osservandola a guardare oltre la mera rappresentazione di un qualcosa, e di scorgere invece ogni sua peculiarità grazie alla sua stessa scomposizione in milioni di piccoli punti. Un’opera suggestiva eseguita al meglio della tecnica, senza mettere da parte il fattore emotivo.

Prof. Sandro Serradifalco
Critico d’arte

Per guardare un’opera così, ci vuole impegno, ci vuole la voglia di volerla scrutare tutta, perché un’occhiata fugace non basterebbe a coglierne l’essenza, quella vera. Uno stile, scelto dal pittore Domenico Ursillo, che induce l’astante a voler quasi esaminare ogni singolo punto del quadro, per poterlo continuare a scomporre e ricomporre una volta dopo l’altra. I colori dell’Autunno si mischiano a quelli della primavera e dell’Estate, creando un arcobaleno cromatico suggestivo, spezzato solo dalla forte luce tiepida di un supposto mattino. Quiete e silenzio, il solo fruscio delle foglie e i propri passi, sono quello che si sente osservando il quadro e desiderando di sentirsi parte di esso.
Prof. Salvatore Russo
critico d'arte

Esprimi nelle tue opere impregnate da un tranquillo dominante silenzio tutta la poesia e la suggestione dei colori della natura.

Prof. Enzo Gentile
collezionista.

Nelle sue composizioni ispirate alla natura, colta nel momento di massimo splendore, il maestro Domenico Ursillo descrive con raffinatezza paesaggi di sublime bellezza, sfumandone i contorni e lasciando che le cromie si dispongano con dolcezza sulla superfice. Il pittore con pazienza e precisione esalta le note cromatiche tenui, nell’incontro con la luce, che irradia dai petali e dagli arbusti diffondendosi nello spazio che li circonda. Coglie l’istante effimero della fioritura, come per arrestare l’incalzante fluire delle stagioni, e per annunciare il ricordo di paesaggi e di momenti preziosi e irripetibili.

Paolo Levi
Bagheria - luglio 2017

La bellezza del paesaggio trionfa nelle opere di Ursillo Domenico. Una primavera esuberante popola le sue opere. La natura trionfa e cosi l’armonia da essa indotta. Rappresentata a tal punto, da una tavolozza dai toni sinceri pieni di luce e dolcezza, che ci sembra di sentire il vento tra le foglie mentre il sole scherza con le nuvole e getta le ombre degli alberi ai nostri piedi.

Dott. Dino Marasà
editore e critico d'arte

Con sprazzi di calda luminosità si apre l’arioso paesaggio nelle raffinate sfumature di colore in punta di pennello, mentre una patina d’antico rende la veduta in nostalgica lontananza nei filari d’alberi che spezzano il silenzio con armonica poesia dei colori d’autunno, dove la stessa luce determina l’unità tonale nella sapiente tecnica puntinista nell’aura magica di metafisica essenza, in cui aleggia l’emozione di un sogno per un’inedita modalità d’arte.

Carla d'Aquino Mineo
critico d'arte

Il paesaggio, soprattutto, gode di un profondo sentimento che si esprime in un linguaggio mormorato, il quale sottintende una sintonia coloristica e un tono bucolico davvero ammirevoli.

Prof. Roberto Maria Ferrari
critico d’arte

E’ prevalentemente un paesaggista, pur non disdegnando a volte la figura. Particolarmente delicato nel colore e nel soggetto, Ursillo denota un carattere sensibile ed in certo qual modo romantico.

Prof. G. Bruzzano
Critico d’arte

Caro Domenico, esaminando attentamente la tua produzione artistica non può sfuggire quell'uso sapiente e calcolato della luce, quei bagliori, tipiche espressioni di un naturale impressionista.... Ma soprattutto la facilità e la fluidità del tratto, con la tua nota caratteristica del tratto fatto di tocchi fittissima di colore... Come si può definire il tuo contributo nel panorama artistico? Stratosferico, nobile cultore di un'arte che non molti sposano e pochi hanno il coraggio di tramandare....perché la commercializzazione globale ha reso tanti, troppi, sterili riproduttori seriali Grazie davvero di aver reso più bello il mondo, fortunati quelli che possono ammirare quotidianamente un tuo paesaggio...Ad maiora semper!


Dott. Gianni Gallinaro
Critico d'arte

Immersa in accattivanti vibrazioni metafisiche, questa creazione danza in regni di sublime  mistica. Turbinii di tonalità dipinte ad olio riecheggiano paesaggi da sogni eterei; una collisione poetica del mondo naturale con sfumature metafisiche. Quest’opera d’arte, una finestra su un universo ultraterreno, attirerà il tuo sguardo, liberando un’energia unica e surreale, trasformando il tuo spazio in un misterioso rifugio di bellezza stimolante.

Prof.ssa Sarah Zigler 
Critico d'arte

 

 

 

Fasciate di luce. oblunghe. stilizzate in un movimento plastico ingemmato di corpuscoli solari. le donne del profondo Sud di Domenico Ursillo ascendono vicoli e scale antiche nel vecchio borgo sazio di case, di palazzi e di chiese barocche.

Giovane pittore autodidatta, antiaccademico, ama immettere nelle sue tele una particolare briosità folcloristica. un senso mistico di devozione  alla sua terra ch'egli trasforma in una pioggia incandescente. S’avvale di un candido divisionismo modulato ed impaginato con grazia che si apre nell'incanto della beatitudine eterna dipinta col gusto delle saghe paesane. quando la narrazione leggendaria si rivestiva di mitici dorati veli e di soavità popolari.

 

Ursillo s`è specializzato in questo sfarfallio delle cromie, nell'uso iridescente d'un puntinismo  strutturale fondato sui chiari e scuri coloristici, distribuiti secondo un innato lirico abbandono degli effetti di luce.

Ogni costruzione è sazia di corpuscoli che luccicano, impastano come tante faville sprizzate dal maglio sorgivo del pittore muri e cornicioni, grandi finestre illuminate e tetti che si arrampicano sornioni e spariscono tra le nuvole. Le chiese mostrano cupole emi-sferiche sulle quali i raggi baluginano a sorpresa; gli anditi del sottoportico sono oscuri come gli accessi delle case vetuste che mostrano tenebrose cavità d`entrata e smagliano crepe e fenditura lungo gli annosi intonaci investiti da fiotti di luce.

C'è nell'opera un'atmosfera magica. irreale. quasi di settecentesco « presepio  annotato da tante figure che vanno e vengono: dimesse e raccolte deambulano tra alberi enormi, in piazze spaziose o ristrette in vicoli bui. ma sempre ieratiche ed assorte nei loro destini.

 

Domenico Ursillo rapporta i cieli all'esaltazione divisionistica dei paesi scaturiti dal grigiore di tutti i giorni. immagina raggi divini che sciabolano terrazze e comignoli e rendono illividiti i campanili e le facciate dei palazzi che annegano in un mare di luce.

Anche ii suolo è cosparso di sottili infiorescenze. come un drappo di seta risaltante nel-le mille pagliuzze d`oro in cui è stato intessuto.

Pittore che sa distribuire con piacevole senso cromatico l'aspetto composito del vecchio borgo campano, quando all'imbrunire gli umori e le ansie della gente scaturiscono dal profondo delle abitazioni nella sublimazione delle passioni umane. La sintesi di questo ricamo minuzioso ed analitico centrato sulle ocre è l'aureola di una pittura  fondata essenzialmente sulla meditazione e sulla contemplazione delle cose, in modo che il flusso energetico che si sprigiona attorno all'artista sia un`emozione che condensi tutte le vibrazioni del creato.

 

D R. A. De Bono Critico d'arte