Elena e il Vuoto

Elena e l'oro
di Guglielmo Gigliotti

Oro, cerchi, monocromi e scritture sono i quattro elementi dell’universo artistico di Elena Diaco. Come l’aria, il fuoco, l’acqua e la terra, essi si mischiano, trapassano l’un nell’altro, compongono sottouniversi, che poi sono le opere. Quando un linguaggio artistico giunge a maturazione, trova sempre i suoi elementi, le sue “case” in cui l’artista è solito albergare, in cui si trova bene. Elena Diaco si trova bene stendendo monocromie d’oro e d’altri colori, disegnando ampi cerchi, vergando scritture dettate dall’inconscio. Aurificare lo spazio, farlo brillare del più misterioso dei colori e delle essenze, è un imperativo per Elena Diaco. L’oro è una dimensione della fisica dei colori e della psicologia della percezione che rende difficoltosa qualsiasi definizione. E’ presenza ancorata ad assenza, un vicino in cui pulsa un cuore lontano; riluce di sé, di una fonte inesauribile, che tuttavia nessuno ha ancora scovato. Dipingere gli effetti, i potenziali sogni e le giravolte dello spirito che il fenomeno oro sa contenere e far scaturire è un dato artisticamente di ampio rilievo, un gesto che rimanda a ritualità antiche ed essenziali, a tutt’oggi necessarie… Il cerchio è simbolo celeste di assoluto, ma l’assoluto comprende la terra, o non é. Il cerchio e l’oro: per la mente, per l’occhio, per chi li lavora e per chi li guarda sono presenze di piacevolezza sottile e rarefatta, condizioni quasi estreme del segno e del campo. Soprattutto sono frutto di un lavoro di estrema concentrazione di Elena Diaco, che si “circolizza” disegnando cerchi e “aurifica” il suo stesso guardare stendendo ori. Il lavoro è su carte, tavole e tele, ma avviene in prima istanza su chi lo opera, sull’operaio di se stesso, sull’artista pronto a una propria perenne autotrasformazione, per assomigliare sempre più alle proprie opere, per diventarle. La pitto-scrittura di Elena Diaco è accurata calligrafia, fluido scorrere di minuti grafemi, che increspano superfici come fossero di mare sfiorato da lieve brezza. E’ un racconto infinito che racconta tutti i racconti, frullato di scritture e di pitture, di ori e relativi bagliori, di monocromie e loro silenti poesie… L’arte di Elena Diaco ha lo spessore di un’azione che sgorga dalla contemplazione, è proprio concrezione di contemplazione, se non di religiosa meditazione, quando non c’è più niente, quando c’è solo il niente. L’arte non teme niente, neanche il niente. Il niente non è contro l’arte, non è contro niente. Nell’ultima opera di Elena Diaco, un trittico ad ante è composto da legno di antiche tavolacce intrise di tempo e intemperie, dipinte nel lato interno di oro, solo oro, nient’altro che oro, nient’altro che niente.