Giancarlo Fantini

pittore

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La poetica di Giancarlo Fantini [Silvana Pirazzi]
Il quadro di Fantini è dunque un'esperienza non solo visiva, ma anche tattile. Quando lavora, egli abbraccia, tocca, si immerge, gode di questi materiali, con una gioia pura e naïf che egli riesce a trasmettere al pubblico delle sue opere, risultati felici di questo serio ludus esistenziale.
La tela è per Fantini lo spazio privilegiato per un linguaggio puro, privo di sovrastrutture, immediato e ingenuo. Non descrive la materia: dove può, la inserisce. Ma questa ingenuità è ricercata e consapevole, è un mezzo efficace per attingere alle emozioni più vere e profonde. Non è uno sprovveduto, Fantini: è un uomo in continua e golosa ricerca di un senso più profondo, di orizzonti più completi, autentici e appaganti, di un altrove che potrebbe essere qui, dove domina la natura incontaminata, che egli ama appassionatamente e contempla con la mistica di un asceta orientale, di un filosofo, lontano dai rumori del mondo, dal movimento, dalla massa. Per questo motivo si è ritirato a produrre in un piccolo borgo della Val d'Ossola.
Questa ingenuità voluta, così lirica, si esprime anche nel rifiuto consapevole di frequentare accademie e corsi d'arte. Perché? Perché per Fantini tutto è arte: ogni espressione o azione umana tesa a scoprire con occhi nuovi la bellezza nel quotidiano. E', dunque, la sua arte più che mai libertà e individualità, lontana dai vincoli dell'accademismo.
In questa scelta di autodidassi si esprime la Weltanschauung del pittore: in quanto uomo libero, egli si sceglie uno o più maestri (ed egli ha scelto i più grandi: uno per tutti, Monet, con la sua lezione sulla luce, che si nota soprattutto nei quadri d'acqua, l'elemento favorito di Fantini), e poi li adatta al suo spirito, alle sue necessità espressive, dimostrando in questo notevole gusto e personalità.
Sì, può piacere o non piacere; certo è che egli è stato serio e onesto nel suo percorso d'arte e di ricerca, e lo dimostra il salto qualitativo delle sue opere: basti vedere il "Gioco d'onde" del 1999, accanto ai quadri più recenti. Inoltre egli è artista in quanto ha un messaggio, anzi due, forti e positivi, da comunicarci. Da una parte la necessità di risveglio dell'uomo dalla sua condizione di dormiente, in un grigiore che intride tutta la quotidianità, se vissuta in modo passivo e inconsapevole. Anzi, proprio questa passività aliena l'uomo dall'ambiente che lo circonda; il quale, se guardato con occhi nuovi, come fanno le opere di Fantini, torna a mostrare la sua anima e ad accogliere la persona. Questo è il messaggio e questa è la missione dell'artista, e nella fattispecie della serie di foto del 2010: da "Come fossili" a "Vortice", passando attraverso "Risveglio", "Contemplazione" e "Creazione". Qui l'uomo, alla fine di un percorso di riappartenenza, si fonde consapevolmente con quel creato che egli stesso ha contribuito a ri-conoscere e a in-formare, ossia a dargli forma.
Dall'altra parte, come secondo messaggio, vi è il richiamo alla natura, alla pace, alla lentezza del godimento che coinvolge tutti e cinque i sensi. E' egli un esteta gaudente? Sì, anche, ma non solo, perché non è monodimensionale. Il suo estetismo è l'essenza della vita dell'uomo, la profonda nostalgia del paradiso perduto, che egli contempla in un'anamnesi metafisica, ovvero in una sorta di ricordo platonico, non intellettualistico ma intuitivo. Per questo i suoi paesaggi sono caratterizzati da un'atmosfera metafisica, non verista/realista: immobile fissità solitaria, tempo sospeso che è il tempo dell'estasi contemplativa (non a caso in greco "ek-stasis" significa "stare fuori", dal flusso del tempo quotidiano), assenza della figura umana o animale, che danno il movimento, che anzi sono movimento.
Emerge così la cifra del suo rapporto con la natura, che non è ambiente, sfondo della vita di un gruppo o di una specie, come è nella concezione antropocentrica, ma è essa stessa una creatura senziente, con cui Fantini, e l'uomo come Fantini lo concepisce, arriva a intrattenere un rapporto privilegiato. E la natura è a sua volta un unicum, una donna che guarda all'artista come all'amante favorito. C'è molto della poetica dannunziana in questa concezione, del D'Annunzio di "Stabat nuda aestas", del D'Annunzio cioè non a caso più metafisico e sensuale a un tempo.
Bravo dunque Fantini nei paesaggi, mentre alla ritrattistica si applica solo in certe occasioni. Quali? La risposta emerge dal suo storico. Come si è capito, egli è un artista dalla schiena dritta, non un artigiano, dunque non crea su commissione, ma sotto l'impulso dell'ispirazione. Ecco dunque che i volti dei suoi rari ritratti appartengono a persone che a vario titolo hanno colpito il pensiero artistico del Nostro. Perché nella sua pittura Fantini ha lo straordinario coraggio di mettere a nudo se stesso, senza paure e senza reticenze. Una scelta che costa molto, come tutte le utopie quando vogliono essere messe in pratica, ma che da sola distingue chi ha qualcosa da dire da chi non l'ha.
Quando e come opera Fantini? E' interessante notare che egli dipinge in solitudine, perché "l'intimità creativa non può essere pubblica, e l'opera d'arte, pur fatta da mani umane, non è solo un prodotto manuale", ma la testimonianza concreta di un movimento, di una passione dell'anima. Pittura dunque del cuore, atto d'amore che si fa forma, colore e luce. E, come ogni atto d'amore, si consuma nel segreto della stanza più interna, e solo i frutti, figli o quadri che siano, si mostrano in pubblico.
Pittura metafisica perché coglie dunque l'anima, l'essenza oltre l'apparenza fisica, degli elementi della natura, di un'umile foglia, dell'acqua di un torrente, di un paesaggio ligure, toscano, provenzale. E questo tipo di pittura richiede una riflessione successiva all'atto visivo, che non è mai atarassico.
Mi spiego: Fantini osserva, visita i luoghi, anche più volte, per conoscerli a fondo. Ma questa osservazione non è priva di turbamenti, di emozioni, di, chiamiamole così, "scorie emotive", che coprono in maniera anche significativa l'essenza degli elementi costitutivi del paesaggio. In queste condizioni dipingere non sarebbe più giungere a conoscere e a contemplare l'essenza: sarebbe piuttosto caricare gli elementi dei risvolti dell'ego. E non è questo che Fantini vuol dare ai suoi fruitori. Ecco dunque spiegata l'operazione che compie, di fotografare gli ambienti naturali per poi ritrarli in studio in un secondo momento, quando, decantato lo spirito, depositate sul fondo le scorie, l'artista può finalmente contemplare ciò che la natura ha da dire, non ciò che egli vuol far dire a essa.
Qualcuno gli rimprovera di, agendo così, mettere poco di se stesso nei suoi quadri. "C'è più bisogno del tuo ricordo, non della perfezione. C'è più bisogno della tua interpretazione del reale, c'è insomma più bisogno di te". Significa questo forse che nella pittura in loco, fatta sull'onda delle emozioni o interpretata nel ricordo, c'è più dell'autore rispetto alla pittura decantata, metafisica? Non credo, non sono d'accordo: sono due ricerche diverse, ma ambedue in grado di gettare una luce sull'interiorità dell'artista: la prima, quella emotiva, sul suo sentimento; la seconda, che è poi quella di Fantini, sulla sua visione del mondo e sulla sua utopia. Scusate se è poco...
Ma è nel vero quel qualcuno, quando dice che non occorre la perfezione per dar qualcosa agli altri. Tuttavia bisogna ricordare che Fantini non vuole semplicemente "dare qualcosa" al fruitore: egli ha le idee ben chiare su cosa vuol dargli, ed è, come abbiamo detto, l'anima degli elementi. I quali in natura sono distinti, individuati: una cosa non è uguale a un'altra; una foglia non è uguale a un'altra, pur della sua stessa specie. Un uomo è forse uguale a un altro uomo? E allora in questi casi la perfezione è fondamentale, per comunicare al fruitore immediatamente qual è il soggetto ritratto. Un albero, non quell'altro. Ecco a cosa serve la fotografia. La macchina fotografica è uno strumento che apre la strada all'arte del pennello, senza sostituirlo, se non in alcuni casi pienamente giustificati.
Ad esempio, sulla scala alla fine della mostra vi è un tappeto di foto floreali, scattate nel momento di massimo splendore degli esemplari, che abitano il giardino urbano dell'artista. Anch'esse nascono da quest'idea di assoluta individualità dei viventi: un fiore non è uguale a un altro, e nemmeno a se stesso quando fiorisce una seconda volta, nella prossima stagione di rinascita. Ognuna di quelle immagini è un'opera d'arte, perché unica e irripetibile nella storia del cosmo. Come si fa a non leggere in questa concezione filosofica Eraclito di Efeso, quando dice che non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume? [Silvana Pirazzi]

Bibliografia


Giancarlo Fantini è nato ad Arona (NO) il 1/11/54, dove vive e lavora. Autodidatta, fin da bambino è attratto dai colori, complici il padre ed uno zio pittori. Diplomato Perito Agrario nel 1973, attualmente è docente di Esercitazioni di Botanica ed Ecologia presso l’Istituto Professionale Statale per l’Agricoltura e l’Ambiente di Crodo (VB), di cui è anche direttore dei corsi. E’ stato inoltre docente per il Formont di Villadossola (VB) nei corsi di formazione Professionale per le materie relative all’agricoltura biologica e alla progettazione e manutenzione del verde. Da alcuni anni è consulente per il verde del comune di Arona, per il quale ha redatto il nuovo Regolamento del Verde pubblico e privato ed effettuato il primo censimento del verde pubblico. E’ stato consulente per la manutenzione del verde presso il Consorzio gestione Acque di Dormelletto e membro del Consiglio di Gestione dell’Ente Parchi delle zone umide del Lago Maggiore per due legislature. Da anni tiene conferenze e corsi per adulti, in particolare presso le Università della Terza Età di Omegna e Domodossola. Collabora con varie testate giornalistiche, occupandosi prevalentemente di ambiente e di verde pubblico.

Pittore paesaggista è attivo pubblicamente dai primi anni ottanta, allestisce la sua prima personale nella sua città nel ‘94; da allora inizia una intensa attività artistica, partecipando a numerose Fiere d’arte nazionali ed internazionali.
Nel 2003 ha fondato l’Associazione Artistica ArteAdArona di cui è presidente. Dipinge sopratutto da ottobre a giugno nel silenzio della notte tra i monti di Crodo (VB).
A partire dal 2008 ha aperto uno studio anche ad Arona, presso l'abitazione di via Pietro Martire 4, frequentato prevalentemente nei mesi estivi, quando anche ha la possibilità di occuparsi del suo giardino.
Ha ricevuto numerosi riconoscimenti ed è presente in diverse riviste di settore oltre che sulla stampa locale.