Giorgio Spreafico

fotografo artistico

Documentarista instancabile fin dall’infanzia – macchina fotografica al collo – scala pendii e affronta le vaste pianure del mondo per cogliere il Sacro, in ogni singolo quotidiano gesto/germoglio.

E’ sempre difficile, per lui, non coniugare l’afflato spirituale e il forte impegno nei confronti dell’umanità con la necessità di documentare, sperimentare, condividere, propria della sua tecnica: incorporea, eppure incisiva e penetrante.

Sua cifra stilistica e morale è il contagioso amore per i paesaggi selvaggi e sconfinati, i salti nel vuoto, le sfide dell’Assoluto, gli esseri della natura minati costantemente dall’uomo, l’uomo ignaro minato da se stesso, il gusto sommo di ritrarre, conoscere e (ri)conoscersi.

Formazione

Un sogno presto realtà: un viaggio-rivelazione in Patagonia, terra dei ghiacci e del Fuoco, sempre teso alla ricerca della propria Leggenda Personale.

Un progetto fotografico e di vita, per il futuro prossimo: un viaggio in una zona rossa del mondo, dove attività ribelli stanno compiendo atrocità inimmaginabili sulla popolazione indigena inerme.

Tematiche

Realizza vari reportage sulla violazione dei diritti umani e sulle numerose inascoltate efferatezze che la nostra civiltà è stata in grado di partorire con compiaciuto/indifferente sadismo in vari paesi del mondo.
Con dedizione e con notevole spirito critico documenta i drammatici danni che sta vivendo il nostro pianeta e l’ecatombe ecologica e faunistica in atto nell’ultimo secolo.

Trasforma la sua passione per l’archeologia in un progetto fotografico di grande impegno nella scoperta e catalogazione di frammenti e reperti antichi e ne documenta la loro consunta e rara bellezza sopravvissuta allo scoccar dei secoli.

Coniuga il suo genuino amore per il cinema, in bianco e nero e/o autoriale, con una incessante ricerca personale, ricca di spunti creativi originali e ardite citazioni - in una sorta di diario intimo per immagini - a metà tra fotografia e VII arte.

Tecniche

Sua cifra stilistica e morale è il contagioso amore per i paesaggi selvaggi e sconfinati, i salti nel vuoto, le sfide dell’Assoluto, gli esseri della natura minati costantemente dall’uomo, l’uomo ignaro minato da se stesso, il gusto sommo di ritrarre, conoscere e (ri)conoscersi.