CRITICHE E STAMPA

PRESENTAZIONE DI GIORGIO MACULAN " GIORMAC"

Nato a BIELLA nel Giugno del 1949.

Artista polimaterico autodidatta, da sempre alla ricerca di tecniche ed esperienze creative nuove ed emozionanti.

Da me non potrete mai pretendere una continuità od una linea tecnica precisa bensì svariate nicchie, diverse tra loro, per i materiali usati e per il sistema d’assemblaggio dei medesimi o per la scelta dei colori dominanti, tali diversità sono diluite nel tempo a macchia di leopardo (…maculan…), con periodiche riapparizioni e scomparse.

La produzione va dai quadri, alle sculture, ai complementi d'arredo, lampade e vecchi mobili rivisitati e riconsegnati all'uso quotidiano in veste ironica e divertente.

I materiali sono tutti quelli esistenti sulla terra ( per quelli extraterrestri mi sto specializzando) le tecniche sono molteplici, potrò essere più preciso e dettagliato se mi contatterete per informazioni. giormac@tele2.it
Il mio motto è: S P E R I M E N T A Z I O N E


HANNO SCRITTO

CRITICA DI PRESENTAZIONE REDATTA DA BRUNO POZZATO PER LA MOSTRA PERSONALE "SABBIE TELE E METALLI" SVOLTASI ALL'AUDITORIUM DI GAGLIANICO NEL DICEMBRE DEL 1994

Sabbie Tele Metalli…Un rettangolo verticale, con nella parte superiore un sole rosso che irradia calore sino a dissolversi nella propria ombra; e, nella parte inferiore, divisa da una linea perpendicolare netta, il medesimo calore-colore, ma più compattamente diffuso su uno strato sabbioso, uniforme. E' una composizione paesaggistica-astratta di Giorgio Maculan. Una strana, singolare, composizione che ricorda Burri, ma anche Cigna. I richiami ai due artisti contemporanei sono sconcertanti. Non basta: trasmettono un'analoga sensazione linguistica polimaterica altre sue composizioni: linee che premono da sotto la tela come se cercassero una via d'uscita e, sollevandosi determinano un misterioso gioco di ombre e di luci. Non si tratta di surrealismo, né di concettualismo.E allora?L'uomo sensibile, fantasioso, con tanta voglia di giocare, di riconnettere frammenti di mondo; l'uomo che assembla, riordina, rimotiva oggetti usati, consumati,scartati non è stato inventato da Dichamp. E' sempre esistito, sin dalla più remota antichità. Raccoglieva ciò che colpiva la sua immaginazione: radici, ossa, legni, corna, pietre, come oggi raccoglie frammenti di metallo, pezzi meccanici fuori uso, reperti di congegni tecnologici obsoleti: materiali che, insieme alle colle, alle cere, al vetro, alla sabbia, ai veli, Giorgio considera "poveri", minimi, semplici, tutti riciclabili; ancora pregni del lavoro di molte persone: lavoro concettuale, progettuale, creativo, oltre che coattivo, alienato, faticoso, che non deve andare perduto. "Io - dice Giorgio - mi considero l'ultimo anello di una catena di fabbricatori di oggetti che intende vincere la distrazione di quanti sino a ieri vedevano ion essi solo il lato consumistico."Un'idea che muove da lontano: il dominio della cultura materiale, di un'esperienza fatta di cose fisiche, concrete, palpabili, sulla natura e sulla sensibilità dell'artista. Inconsapevolmente Maculan pone in evidenza i legami che uniscono la modernità e l'antichità, che la riconnette alle origini più remote del linguaggio artistico.Con queste sue composizioni inoltre conferisce valore di verità all'idea nietzschiana dell'esistenza come "eterno ritorno". Da buon artigiano, sveglio e pieno di risorse, Giorgio vuole rendere omaggio non tanto alle perdute funzioni degli oggetti che assembla in forme originali, quanto all'energia umana che, con il lavoro, in essi si è accumulata. Così facendo restituisce un significato utile nuovo, una nuova esistenza, rivelatricedella loro intrinseca e misteriosa bellezza.La presenza del gatto in una landa metallica, dove crescono fiori "mostruosi" (anch'essi metallici) sta a indicare la lontananza abissale di Giorgio da ogni interferenza concettuale. Reperti fossilizzati, epoche a confronto, vecchio e nuovo interscambiabili; la percezione "giocosa" del caos, degli inizi; tracce di vite originarie, suoni alla Shonberg: dissonamti, disarmonici, ma carichi di tensione verso nuovi ordini, nuove armonie; la stessa presenza sconcertante di un paio d'occhiali rotti, pestati, drammaticamente esibiti: tutto questo non sta a dimostrare che Maculan si sente affascinato da ciò che è servito all'uomo e che ora ritorna a dialogare con la natura? Se questa non è arte, è certamente un'attestazione di fervida immaginazione: base essenziale dell'espressività poetica ed artistica.Guardando la composizione "Paletto": un distraente elemento ligneo, e l'edera in rame che avvolge un perfetto cubo di legno - quasi che Giorgio abbia voluto invertirne i ruoli naturali -, non posso non pensare al suo gusto "pazzesco" per il gioco dei contrasti più assurdi e irreali. Ma l'impressione è anche un'altra: che l natura violentata dal "progresso"Voglia riappropriarsi di quanto le è stato sottratto dalla cultura e dalla civiltà dell'uomo. E si serva, per questo di animi sensibili e generosi come Giorgio.
Bruno Pozzato Ottobre 1994


ARTICOLO DI AUGUSTO MACCHETTO APPARSO SULLA "NUOVA PROVINCIA DI BIELLA" IL 28 DICEMBRE 1994 IN OCCASIONE DELLA MOSTRA "SABBIE TELE E METALLI TENUTASI ALL'AUDITORIUM DI GAGLIANICO.
Articolo apparso su LA NUOVA PROVINCIA (giornale biellese d'informazione) Mercoledì, 28 Dicembre 1994
Pavarotti e la mano assassina
GAGLIANICO - Per una volta al cronista d'arte il compito di incuriosire il lettore è risparmiato. Nel caso di Giorgio Maculan (in mostra all'auditorium comunale di Gaglianico fino al 31 Dicembre), è infatti l'artista in persona a provvedere in merito, e con dovizia.Vediamo: proprio non sopportate Luciano Pavarotti e da anni covate il sogno di schiaffeggiarne il testone o di soffiarvi il naso nel suo prediletto fazzoletto tergisudore? Maculan ha provveduto (in "Pavarotti esce dalle quinte"). Vi interesserebbe vedere, in tutta sicurezza, la barba del diavolo? Maculan gliel'ha coraggiosamente strappata, scoprendo che è fatta di gramigna. Poi a salvaguardia appunto della vostra incolumità, l'ha racchiusa in una solida rete metallica. Sapevate che le persone odiosissime hanno orecchie metalliche e un campanello attaccato al naso, e che è possibile farlo suonare? Giorgio Maculan, nel caso, ve lo rivela (in "Faccia di m…a"). Volete scoprire se la "Mano assassina" ha qualche responsabilità nel caso del "Ginocchi ferito"? Chiedetelo a Maculan.Titoli e tematiche singolari, ne converrete. Ma non sono da meno le tecniche e i materiali utilizzati dall'autore: cere, resine, cementi, sabbia, plastica, legno, metalli, vetro, specchi e così via. Il tutto assemblato in assoluta libertà , con intenti non soltanto umoristici - humor di buona lega in ogni caso."Pineta", ad esempio, compendia un bosco di conifere in poche fette semicilindriche di legno, mimando le rotondità dei tronchi e delle chiome. Due oggetti celati sotto un lembo di sacco fanno "Scilla e Cariddi", picchi attraversati da un mare tempestoso di rame e lamiera. "La frana" investe un albero in filo metallico intrecciato; altrove il fuoco ha lasciato ombre sul rame, o l'umidità l'ha tinto di verde. Una terribile aquila campeggia rossa, tenere superfici di cera modulano omaggi all'Art Decò, al Liberty…l'inventario è impossibile: non vi resta che rendere visita a questa complicata officina. Non prima di aver chiesto il consenso dell'enorme coccodrillo-custode.
Augusto Macchetto



PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA PERSONALE "APOTEMI" SVOLTASI NEL GIUGNO DEL 1995 AL "RICETTO DI CANDELO"
REDATTA DA: FIDIA SAVIO

Giorgio Maculan, brocanteur occasionale, è pittore, scultore, assemblatore di collages, ma soprattutto "riciclatore" o, meglio, rivisitatore di oggetti smessi.Singolari composizioni le sue. Campi di girasoli fatti di scatole di latta e frammenti di vetro, Giano e Giunone di sabbia, argilla espansa e mattonelle di terra cotta, Scilla e Cariddi di lattine, lamierini, zinco e juta assemblati con leganti e coloranti edili: arte polimaterica, talvolta astratta, talaltra figurativo-espressionista, sperimentale, legata sempre a "vecchi amori" letterari e artistici.Il "mondo secondo Giorgio", intorno ad antichi miti, scelte artistiche e letterarie, è fatto di campagne, abitati, macchie ed oggetti che ci vengono da un passato in fuga prospettica. " E' un mondo morente o mezzo morto - egli spiega - che vorrei far rivivere di nuova vita, in forme nuove sostenute da miti ringiovaniti".
Fidia Savio


ARTICOLO DI AUGUSTO MACCHETTO APPARSO SU "LA NUOVA PROVINCIA DI BIELLA" IL 21 GIUGNO 1995 IN OCCASIONE DELLA MOSTRA "APOTEMI" TENUTASI AL "RICETTO DI CANDELO" NEL GIUGNO 1995.

Poesia e pittura nell'ultima mostra di Maculan

CANDELO- Apotemi. "Nel medioevo erano i precipitati solidi con cui si concludeva ognuna delle operazioni degli alchimisti". Il riferimento colto di Giorgio Maculan alla Grande Opera conviene alle opere sue, spesso frutto del mescolarsi di metalli minerali e fuoco. E poesia: accanto ad ogni esperimento c'è un foglio e sul foglio alcuni versi.Di D'Annunzio, di Machado, dell'enorme Campana: "….e tremula la sera fatua la sera e tremula ma c'è nel cuore della sera c'è sempre una piaga rossa languente". Maculan ne fa un tramonto che illumina un masso, un "mound" fatto di latta, di frammenti di barattolo. Latta anche intorno ad una vetrata cieca, di scaglie di vetro che reca in calce un vero appendiabiti."Quando bacio il tuo labbro profumato., cara fanciulla, non posso obbliare che un bianco teschio vi è sotto celato". Letteratura scapigliata: e Maculan imbastisce un "memento homo" con piccolo specchio dove il riguardante possa utilmente riconsiderare la sua essenza di polvere, cibo per vermi. Sacco d'impurità Polvere, sabbia: l'artista ne fa grande uso, per dare vita a paesaggi ruvidi e colorati. Tra due vetri un mare di granelli in cui affoga un omino, una maschera tragica. In uno stipetto tante piccole bottiglie, piene dei sali alchemici maculaniani: sassi, mais, terra, paglia d'acciaio, lana di vetro. Il fuoco invece cuoce i metalli, vi disegna ombre, aloni: un autoritratto, anche, sul rame bruciacchiato.Tutto ciò "si lascia guardare", diceva una signora all'inaugurazione. Bene, e male: a voler trovare un difetto (Maculan è un personaggio ben più che interessante), diremo che questo allestimento pecca di eleganza, mitezza, ragionevolezza. Qualche mese fa si vide a Gaglianico una sua esposizione animata da follia lucida, scossa da sussulti Dada, estrosa fino al disastro. Dov'è finito il "ginocchio ferito"? E "La mano assassina", in quale prigione l'hanno cacciata.
Augusto Macchetto



OPERA DI RIFERIMENTO:

ALBATROS