Lukared

writer(Graffiti)

Luca Amendola
nato a Napoli il 1977
Inizia per gioco con l Aerosol Art nel 1995 quando era adolescente facendosi conoscere ben presto nel mondo underground dei Graffiti.
Le sue Tag le si potevano trovare nei posti più disparati ,continua a lavorare sul muro e treni per lungo tempo.Per un breve periodo riproduce e ripropone in chiave pop immagini sacre su tela utilizzando l'aerografo
Dal 2008 si dedica al proprio lavoro grafico e digitale proponendo opere che vanno dalla denuncia sociale al sacro e profano

Formazione

per corrispondenza
C.P n°10 succursale 22,40134 Bologna

Tematiche

politica,religione,denuncia sociale,

Tecniche

computer grafica,collage fotografico

Premi

Biennale Montecarlo 2012
PRemio Cromica 2012
BIennale PAlermo 2013
Artisti PEr Sgarbi
Premio Afrodite


Bibliografia

Amendola, dentro l'Opera Eretika
di Alessandro Chetta
“Voglio creare un’opera che non mi vergognerei di mostrare a Giotto” affermò Sol Lewitt, sommo concettualista. Invece Luca Amendola, benché spudorato, forse un po’ di timore lo proverebbe. Ma solo perché gli ineguagliabili del Trecento lo accoglierebbero, affascinati e sospetti, come folletto deviante, specchio iridescente e divertito dei loro rigorosi capolavori. E allora Amendola riuscirebbe a spiegare non tanto ai posteri quanto agli avi la contemporaneità meglio di quanto non possa fare Lewitt con l’arte sistematica e sofista del secolo breve. Nel secolo in corso invece la opus heretica di cui parliamo sa radunare in playlist archetipi paleocristiani, Gesù manieristi fosforescenti e dogmi del secondo millennio. Cimabue e Piero annodati a lettere serpeggianti di writing. L’abito del dipinto è cucito a mano coi crismi della pubblicità e rispetto ai primi lavori si evolve: le tinte delle scatole di Dash si mischiano alla gamma delle marche di chewing-gum, dei maglioni di lanamerinos, delle consolle dei videogame. Il corpo di tele amendoliane avidamente trattiene i sapori senza gusto di un umanesimo sfiancato, moltiplicabile, irridente, ma capace di orientarsi nel caos. I personaggi ingabbiati e chiazzati di calce tecnologica sanno regolarsi tra i rintocchi dell’eterno presente e gli strati plurimi di cromature scomposte, nascoste e riemerse. Altro che sacro e profano. Qui il profano è sacralizzato: i solchi plastici dei graffiti murali incasellano icone legnose di cherubini perplessi e Marie cubiche, non ridicolizzate ma messe una volta di più in trono dall’alta marea del senso contemporaneo. Esaltato/esilarato è il contrasto tra la dolente Passione quattrocentesca e l’indolente, alcolico, brindare alla vita con bollicine di pixel. C’è poco da fare: non appena mi avvicino e guardo le “opere eretike” uno schiaffone colorato mi becca in faccia. Caduto a terra, mentre mi massaggio la guancia per la botta, sorrido.