critica

La seduzione dall’immagine è il primo dato che emerge guardando all’esperienza di Nicholas Tolosa. Un carattere figurativo segna infatti il suo esercizio pittorico fin dalle prove accademiche, interpretato però dal giovane artista campano secondo una declinazione personale, dal momento che è un taglio quasi fotografico ad inquadrare le sue composizioni in modo specifico quando al centro di esse è posta la figura umana. Una scelta questa che non deve meravigliare: Tolosa viene da studi di scenografia ed evidentemente porta con sé una certa propensione a teatralizzare la scena, ‘disegnarla’ cioè come se questa dovesse accogliere un’azione. Non uso il verbo disegnare casualmente, giacché peraltro il segnare, nella tradizionale accezione cioè del trascrivere mediante i segni l’immagine, ha una parte molto attiva nella sua pratica quotidiana. Una componente che lo ha in qualche modo educato ad una precisione grammaticale che si riscontra anche nella pittura. Ciò vale, infatti, soprattutto per i suoi ultimi lavori dedicati al tema della shoah, come può dirsi per Innocenza del 2007 e Vite rubate del 2009. Tele realizzate ad acrilico, dove la scelta del bianco e del nero contribuisce ad esaltare il contenuto e, in particolare, la parte esistenziale e drammatica che esso trascina. Una nota che l’artista affida proprio alla cura dei particolari, al dosaggio del contrasto cromatico, nello scarto di quelle zone d’ombra e di luce che drammatizzano la scena. Narrazioni rese inquiete anche irrequiete ma al tempo stesso bloccate per via della resa stilistica con la quale le figure si propongono : figure stilizzate dal taglio un po’ illustrativo che dietro l’apparente immobilità nascondono forti sentimenti. Paura, rabbia, sofferenza, incredulità sono le emozioni che Nicholas Tolosa trasferisce nei fotogrammi di un ‘reale inganno’, beffardo teatro delle apparenze.


Ada Patrizia Fiorillo