Riflessione sul telefono

Due sorelle nascono ad una decina di anni di distanza: la prima a fine anni novanta, l’altra negli anni duemila. Hanno gli stessi genitori, vivono nella stessa casa, entrambe sono state allattate al seno e hanno mangiato più o meno le stesse cose. Esistono due fotografie che le ritraggono quando ognuna di loro ha dieci anni, i genitori si sono divertiti a fargliela con lo stesso vestito: la prima, la più grande, coccola, come una vera mamma, la sua bambola preferita. È il suo gioco preferito, si diverte a cambiargli il vestito, a fargli il bagnetto, a parlarci e a portarla sempre con sé. La seconda figlia, nella foto, è nella stessa identica posizione della sorella ma al posto della bambola ha un telefonino. Un cellulare.
Avete mai provato a togliere un figlio dalle mani di una madre?
Avete mai provato a togliere un telefonino dalle mani di un adolescente?

Vorrei farvi una domanda: quando siete a tavola a pranzo o a cena chi comanda? Voi? O la televisione? O l’ennesimo messaggio fondamentale da dover leggere e a cui rispondere?
Ecco.
Questo è il senso di questo dipinto.
Una famiglia attorno ad un tavolo, probabilmente non si vedono da tutto il giorno: lavoro, scuola, sport, palestra, amici, fidanzati…
Potrebbero dirsi tante cose invece l’unica parola che viene detta è: SILENZIO!
Silenzio! Anche se ho preso un bel voto a scuola.
Silenzio! Anche se vengo picchiato da qualcuno.
Silenzio! Anche se vorrei tanto dirvi che ho trovato un fidanzato.
Silenzio! Anche se solamente voglio dirvi come è andata la giornata.
Silenzio! Anche se solo vorrei sentire la vostra voce.
Silenzio! Anche se solo vorrei chiedervi un aiuto.
Silenzio! Anche se vorrei dirvi che sono solo.
Silenzio! Anche se tanto so che non vi interesso.
Silenzio! Parla solo se conosci la risposta alla domanda del quiz alla televisione.