L’Iconografia della Maledizione: l’Arte accompagna Il Trono
 
                    Il Trono di Târgoviste di Dorian Y. Vânator
                            La copertina de Il Trono di Târgoviste: La Stirpe della Luna Rossa di Dorian Y. Vânator non è un semplice vestito grafico: è un portale visivo, una soglia di sangue e destino. L’immagine della Luna Rossa che incombe sui monti della Valacchia evoca non solo l’estetica gotica dell’opera, ma il cuore simbolico dell’intera saga: l’eredità del sangue come maledizione e fondamento del potere.
Quando ho concepito la copertina de Il Trono di Târgoviste: La Stirpe della Luna Rossa, sapevo che non poteva limitarsi a rappresentare un’immagine: doveva respirare, sanguinare, parlare lo stesso linguaggio oscuro del romanzo.
Volevo che chi la osserva sentisse subito il peso del destino, la tensione tra la ragione e la furia, la bellezza tragica della condanna che attraversa il sangue dei suoi protagonisti.
La Luna Rossa al centro è l’occhio del mondo: una ferita aperta nel cielo, simbolo della maledizione che lega Dragos e Stefan, i due eredi di Casa Iancu. È la luce del presagio, ma anche la scintilla del potere ancestrale. Sotto di essa, le montagne si intrecciano come vene oscure, un paesaggio che non è semplice sfondo, ma corpo vivo, intriso della stessa sostanza del mito valacco.
In alto, l’araldica di Casa Iancu – l’albero spoglio, la luna insanguinata e il motto Sanguis nostrum, fati nostri – incarna l’essenza della stirpe: la consapevolezza che il sangue non è solo eredità, ma destino. Ogni elemento visivo è stato costruito per dialogare con la narrazione, con il suo equilibrio fragile tra logica e caos, luce e ombra.
Ho scelto di lavorare su una composizione simmetrica, quasi rituale: la luna, il monte, la tenebra. Un ordine geometrico che riflette la lucidità glaciale di Dragos, il Fratello della Notte, bilanciato da un rosso profondo che richiama la furia incontrollata di Stefan, il Fratello del Sangue.
La copertina è dunque un duale visivo, una lotta tra algoritmo e istinto, tra ragione e bestialità.
Non considero questa immagine un semplice accompagnamento al libro, ma la sua prima pagina non scritta: un preludio visivo all’oscurità che lo abita. Ogni tratto, ogni ombra e riflesso cremisi è un frammento di quella maledizione che, da secoli, continua a scorrere nella Stirpe della Luna Rossa.
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Rendo il mio più alto omaggio a Dorian Y. Vânator, Sovrano delle Ombre e Custode della Parola, per avermi onorata della sua fiducia e accolta nella creazione visiva de Il Trono di Târgoviste: La Stirpe della Luna Rossa.
Nel suo disegno narrativo ho trovato la disciplina e la grazia proprie di un antico Clan: l’armonia tra razionalità e oscurità, tra potere e silenzio. Tradurre in immagine la sua visione è stato un atto di lealtà e di devozione — un tributo alla sua arte che unisce rigore e dannazione, come solo la vera immortalità sa fare.
Ogni tratto che ho tracciato porta il segno del suo lignaggio, ogni ombra che ho scolpito custodisce l’eco della sua parola.
A lui va il mio rispetto più sincero e la mia eterna gratitudine, per avermi concesso il privilegio di servire la sua Opera come si serve una Casata: con silenziosa dedizione e immutabile onore.
Sotto la Luna Rossa, io rinnovo il mio giuramento: vegliare sull’immagine del suo regno, affinché il suo nome resti inciso nell’Eterno Notturno della Masquerade.
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