Robert Doisneau

Robert Doisneau (Gentilly, 14 aprile 1912 – Montrouge, 1º aprile 1994)



Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere.
Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere

Studiò da ragazzo litografia all'école Estienne, presso Chantilly. Venne poi assunto all'età di ventidue anni, dopo aver lavorato come assistente dello scultore André Vigneau, presso le officine della Renault di Billancourt come fotografo industriale. Negli anni quaranta si impegnò nella Resistenza, dal 1945 cominciò a lavorare con Pierre Betz, editore del giornale Le Point e dal 1946 divenne fotografo indipendente per l'agenzia Rapho, fondata da Charles Rado e gestita all'epoca da Raymond Grosset; Doisneau rimase un fotografo della Rapho per circa cinquant'anni.
Nel 1947 incontrò Jacques Prévert, Robert Giraud e, nello stesso anno, vinse il Kodak Prize.

Grande maestro della fotografia, Doisneau è il rappresentante più famoso della cosiddetta "fotografia umanista", ossia quel tipo di sensibilità visiva che pone l'accento sulla condizione disagiata dell'uomo nella società. Nasce il 14 aprile del 1912 a Gentilly, un sobborgo di Parigi che segnerà profondamente la sua estetica e il suo modo di guardare le cose. Diplomatosi incisore litografo alla scuola di Estienne decide di abbandonare quella strada per gettarsi nella realtà viva e cruda delle periferie, dimensione che all'epoca nessuno considerava. Sceglie poi di utilizzare un mezzo d'espressione al tempo ancora guardato con un certo sospetto: la fotografia.

Di fronte ad un quadro simile, in cui nella cultura ufficiale dominava l'ostilità e l'incomprensione per questo genere di produzione artistica, Doisneau tira diritto, spinto dalla sua voglia di guardare le cose da un punto di vista non convenzionale e profondamente convinto del valore documentale e artistico dello scatto. Negli anni trenta sceglie dunque definitivamente che quella sarà la sua strada. Lo sforzo maggiore è quello di donare dignità e valore alla fotografia, cercando di svincolarla da una considerazione meramente "professionale", occupandosi in primo luogo di soggetti che non interessavano a nessuno e che non avevano nessun valore commerciale. I suoi committenti di allora, infatti, si chiamavano Renault, Vogue, ecc. ma sono ben presto abbandonati in favore dell'Agenzia Rapho. La collaborazione con l'agenzia comincia nel 1946 e durerà tutta la vita, per quasi cinquant'anni, fino alla fine della sua vita.

Soggetto privilegiato del fotografo: Parigi. Produce una serie di scatti innovativi, geniali e dominati da una forte carica umana: sono le immagini che lo hanno reso celebre. Quello che colpisce i fruitori e gli operatori del settore è che non si tratta di una Parigi convenzionale, quella che domina negli ambienti della pubblicità, della moda, dei giornali o del cinema ma è una Parigi di piccola gente, di arie di fisarmonica, di grandi e bambini, i cui sguardi trasudano umanità e tenerezza. Tra le produzioni di questo periodo si possono citare le celebri "Banlieues"

Inoltre, il suo modo di lavorare poco convenzionale e fuori dagli schemi della "professionalità" generalmente accettata, si dimostra anche nel suo stile. La sua carica interiore possiamo capirla ascoltando direttamente le sue parole: "un fotografo animato dal solo bisogno di registrare quello che lo circonda non aspira a ottenere risultati economici e non si pone i limiti di tempo che ogni produzione professionale comporta". Per lui la fotografia è prima di tutto un bisogno privato, un "desiderio di registrare", il soddisfacimento di una necessità che toglie al suo lavoro ogni elemento di calcolo e ogni ricerca di perfezionismo sterile. Le foto circolano prima tra le persone a lui vicine e vengono utilizzate dagli amici qualora ne abbiano bisogno. Parlando ancora del suo lavoro e dell'impulso che lo spinge a creare, in un'intervista si legge: "Vi spiego come mi prende la voglia di fare una fotografia. Spesso è la continuazione di un sogno. Mi sveglio un mattino con una straordinaria voglia di vedere, di vivere. Allora devo andare. Ma non troppo lontano, perché se si lascia passare del tempo l'entusiasmo, il bisogno, la voglia di fare svaniscono. Non credo che si possa "vedere" intensamente più di due ore al giorno".
Il tempo, il suo dilatarsi e compenetrarsi con il suo essere fotografo è forse insieme all'istinto, una delle note dominanti del suo lavoro. L'artista preferiva essere definito poeticamente come un "pescatore di immagini" e sentiva la necessità di immergersi completamente nella realtà. Come in un suo tragico scatto, stavolta malriuscito, il grande fotografo scompare ultraottantenne nel 1994, avendo coronato il suo sogno, insieme ad altri eminenti colleghi, di dare un valore e una dignità alla fotografia che prima non aveva.

A Parigi, una giovane coppia si bacia di fronte all'Hotel de Ville, ignara dei passanti, che camminano indifferenti o che gettano appena un rapido sguardo. 
Intorno, tutto sembra sfumato e quasi in ombra in confronto all'intensità del loro gesto d'amore.
Pochissimi i casi in cui un fotografo è stato così marcatamente identificato con un suo scatto "Le baiser de l'Hotel de ville" conosciutissimo come "il bacio di Doisneau"
In assoluto il bacio più famoso della storia della fotografia

Un’immagine, in bianco e nero, scattata il 9 marzo del 1950 per un reportage sugli innamorati parigini, commissionato dalla rivista "Life". 
Una foto che ci rimanda alla Parigi dell’immediato dopoguerra, quella dei caffè con i tavolini all'aperto  degli ampi boulevards, dei lampioni di ghisa. 
Ma che rievoca anche la Parigi dello charme femminile, degli uomini che indossano il basco come Jean Gabin, o delle poesie sui ragazzi innamorati di Jacques Prévert.
Chissà quanti si saranno emozionati, guardando questa foto o quanti ne avranno acquistato una riproduzione, una  cartolina o un un poster.
E chissà quanti, poi, si saranno domandati chi possano essere quei due giovani tanto innamorati.
Nel 1988 con la pubblicazione di mezzo milione di poster e alcune centinaia di migliaia di cartoline e T-Shirt ci fu addirittura chi disse di essere la coppia ritratta a sua insaputa nella foto intentando una causa.Sicuri di aver ragione dal tribunale.Sono sicuri che il tribunale darà loro ragione.
E, invece, no, perché si scopre che gli innamorati della fotografia non sono affatto loro.
Macché foto scattata di nascosto! Basta conoscere il modo di fare del fotografo per non lasciarsi convincere dalla loro versione.
Robert Doisneau, è stato fedele, anche in questo caso, alla sua idea di abbellire le situazioni quotidiane, ricorrendo a un pizzico di immaginazione.
"Per tutta la vita mi sono divertito a fabbricare il mio piccolo teatro":- ha affermato più volte. E poi ha spiegato: "Io non fotografo la vita reale, ma la vita come mi piacerebbe che fosse".
Le sue foto non sono mai istantanee riprese all'improvviso. 
Sono, invece, piccole messe in scena in grado di restituire l’essenza perfetta di quei momenti, che rischiano di rimanere nascosti o confusi nell'imperfezione della realtà.Anche nel caso del bacio, ha organizzato, come lui solo sa fare, la sua piccola recita."Non avrei mai osato fotografare due persone qualsiasi. Due innamorati che si sbaciucchiano per strada sono raramente coppie legittime".

Le regard oblique

Les Pains de Picasso

Les coiffeuses au soleil

Un centesimo di secondo qui, un centesimo di secondo là... anche se li metti tutti in fila, rimangono solo un secondo, due, forse tre secondi... strappati all'eternità.
Robert Doisneau

A cura di Emanuele Davi