Maschera e mito nella scultura: forme simboliche dell’identità umana

La scultura, sin dalle sueorigini, si è posta come mezzo privilegiato per dare corpo al sacro, al mito ealle pulsioni più profonde dell’animo umano. Tra i suoi temi ricorrenti, lamaschera e il mito occupano un posto centrale, fondendosi spesso in un unicodispositivo simbolico capace di oltrepassare i confini della realtà visibileper accedere a dimensioni archetipiche, rituali e collettive.
La maschera è uno degli strumentiespressivi più antichi della storia umana. Nella scultura, essa non è mai unsemplice oggetto decorativo: è veicolo di trasformazione, di assunzione diruoli altri, di sospensione dell’identità personale in favore di una figuramitica, totemica o teatrale. Sculture tribali africane, opere precolombiane,reperti greci e romani: tutte testimoniano l’uso della maschera come elementodi passaggio tra il mondo umano e quello degli dei o degli spiriti.
In ambito moderno econtemporaneo, la maschera diventa spesso allegoria della psiche. Le sculturedi artisti come Medardo Rosso o Alberto Giacometti sfruttano il voltostilizzato o deformato per evocare la complessità dell’identità e la fragilitàdell’essere. La maschera scolpita può così diventare emblema di alienazione, dimolteplicità interiore o di mimesi sociale.
Il mito, nella scultura, simanifesta attraverso figure simboliche che incarnano forze cosmiche, passioniumane o racconti fondanti. Le statue delle divinità greche non erano soltantorappresentazioni religiose, ma vere e proprie forme ideali, in cui l’equilibrioformale era in sintonia con l’armonia universale. Nel Rinascimento, la ripresadel mito classico fornì agli scultori un linguaggio potente per esplorarebellezza, eroismo e tragedia.
Nel Novecento, l’interesse per ilmito non scompare, ma si trasforma. Arp, Moore, Marini e altri reinterpretanofigure mitiche in chiave astratta, materica, arcaica. Il mito si fonde così conl’inconscio collettivo, si fa primitivo, onirico, simbolico. Le sculture nonillustrano più un racconto preciso, ma evocano atmosfere, tensioni, misteri cheappartengono alla sfera del sacro e dell’irrazionale.
Quando la maschera e il mito siintrecciano nella scultura, nascono opere di straordinaria potenza simbolica.La maschera assume un valore mitico, divenendo volto dell’eroe, dell’antenato,del dio, oppure icona dell’umano che si interroga su sé stesso. Il mito, a suavolta, si materializza in forme mascherate che superano il tempo storico e siproiettano in una dimensione universale.
Questa fusione, presente nelleculture arcaiche, viene continuamente rivisitata dall’arte contemporanea, chericonosce in essa un archetipo narrativo sempre attuale. Le maschere scolpiteoggi interrogano la nostra identità frammentata, i miti rifondano nuovenarrazioni in un mondo in cerca di senso.
Nel mio lavoro scultoreo, hospesso affrontato il tema della maschera attraverso una figura emblematica: Arlecchino.Questo personaggio della Commedia dell’Arte, con la sua maschera nera, il corpoguizzante e il costume a losanghe, incarna una forma ambigua e poeticadell’identità. Arlecchino è servitore e trickster, carne e sogno, corpo comicoe figura malinconica. Attraverso di lui ho cercato di esplorare non solo lateatralità del gesto, ma anche la tensione tra l’apparire e l’essere, tra ilvolto e ciò che si nasconde dietro. Le mie sculture di Arlecchino sono nate daun’urgenza plastica di indagare la maschera come filtro della realtà e allostesso tempo come rivelazione dell’intimo. In esse, la maschera diventa unlinguaggio universale che parla della condizione umana: il bisogno di celarsiper potersi esprimere liberamente.
La scultura, in questo dialogotra maschera e mito, continua a essere uno specchio dell’uomo: non solo ciò cheegli è, ma anche ciò che teme, sogna, immagina di diventare.
Paolo Camporese
Hai bisogno di informazioni?
Vuoi chiedere maggiori informazioni? Lasciami un messaggio, risponderò al più presto