Prigione

mista, plastica, 2010

La prigione non è solo un luogo fisico: essa può anche essere una prigione neurologica, un luogo della mente. Le catene “ideali” diventano dunque le costrizioni sociali stesse, imposte ed autoimposte, che impediscono agli individui non solo di raggiungere la libertà individuale, ma anche di conoscere gli altri a livelli più profondi rispetto alla realtà ordinaria. Vittime di una violenza simbolica costante, gli uomini si negano fino a non esistere più e a scomparire del tutto: quello che resta – almeno sulla tela – è solo uno sfondo inanimato, privo di luce.

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