Ricordi

2008


Entrai nel bar. Strano, non l’avevo mai notato. Era piccolo e quei pochi avventori stavano in silenzio. Mi adeguai e ordinato un caffè, mi sedetti al tavolo accanto alla vetrata. Amavo guardare fuori e mi ritrovai incantato nell’ammirare il tramonto. Quell’atmosfera irreale, mi portò indietro nel tempo, a quando vidi il più bel tramonto della mia vita.
Ero in Africa, esattamente nel Sudan. Era una visione magica, con quei colori caldi che andavano spegnendosi nel grande fiume Nilo.
Ero giovane. Tanto, troppo giovane per sapere a cosa sarei andato incontro, avventurandomi in quelle terre desertiche.
Facevo parte di un gruppo di volontari che andavano da un villaggio all’altro per distribuire medicinali e viveri. Eravamo una bella comitiva di sette persone molto affiatate. Un giorno però, un maledetto giorno la nostra carovana fu attaccata da un gruppo di predoni.
Le cose accaddero così velocemente, da non rendermi subito conto di quello che stava succedendo. Ricordo gli spari e le urla. Io fui scaraventato a terra da un boato, che fece quasi saltare in aria la jeep sulla quale mi trovavo. Poi il buio. Il nulla. Sicuramente dovevo essere svenuto.
Non potrò mai dimenticare lo scempio che i miei occhi, furono costretti a vedere quando li riaprii. La jeep era effettivamente saltata in aria. I corpi di due ragazzi della compagnia erano stati dilaniati nell’esplosione. Gli altri due erano crivellati di colpi. Delle due ragazze, nessuna traccia.
Caddi in ginocchio. Mentre il calore del deserto mi soffiava addosso, una sola domanda pervase la mia mente: “Perché io ero salvo?”.
Tremante, stordito, inebetito presi il mio zaino e, come un automa, iniziai a camminare tra le dune aride. Ben presto calò la fredda notte.
In lontananza vidi un fuoco e, senza pensare al pericolo che potevo correre, mi diressi in quella direzione.
Fortunatamente, si trattava di una delle tante tribù nomadi che popolano quella regione. Erano uomini molto alti e dalla pelle nera come la pece. Ricordo bene il viso di un bambino, che mi fissava incuriosito e che, nel porgermi una ciotola di riso, illuminò il volto con un sorriso smagliante. Sembrava felice. Felice di vivere lì, nel nulla assoluto. Per me, che provenendo da una ricca famiglia, ero abituato ad avere tutto, mi sembrava incomprensibile vivere a quel modo. Ma la vita ci riserva sempre tante sorprese. L’indomani uno degli uomini mi accompagnò con un cavallo, al villaggio più vicino. Una volta giunto lì, avrei proseguito per la città, dalla quale sarei partito per far ritorno a casa. Ma non giunsi mai a destinazione. Una volta arrivati al villaggio, ci informarono che i predoni avevano attaccato il gruppo di nomadi, uccidendo tutti, senza distinzione: uomini, donne e bambini. Il mio pensiero volò subito a quel sorriso che si era spento per sempre. Fu proprio questo che mi spinse a rimanere in Africa. Ho dedicato la mia intera esistenza nell’aiutare le popolazioni meno fortunate. Ho tentato di far cessare guerre e per questo sono stato imprigionato. Ho fondato anche associazioni umanitarie. Niente di tutto questo però, mi ha ridato quel sorriso felice.
Ogni tanto mi domando se era proprio il mio destino. Una cosa è certa, ero scampato alla strage per qualche misterioso motivo. Avevo forse un compito da assolvere?
Ho raccolto in un libro le mie imprese e lascio a voi che leggerete, l’arduo compito di giudicare nel bene o nel male il mio operato.
Come risvegliato da un lungo sonno, guardai distrattamente l’orologio appeso alla parete del bar. Era tardi. Le mie stanche ossa di ottantenne si fecero sentire nell’uscire dal locale. Dovevo tornare in albergo a rileggere il discorso che, l’indomani avrei declamato nel ritirare il premio assegnatomi: Il NOBEL PER LA PACE.


Informazioni generali

  • Categoria: Poesia
  • Codice: DM0009
  • Eseguita il: 2008

Informazioni sulla vendita

  • Collezione: Genova
  • Disponibile: no

Informazioni Gigarte.com

  • Codice GA: GA23234
  • Archiviata il: 12/09/2009

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