La natura e la storia di Francesco Senise, piktor Arbëresh

La natura e la storia in Francesco Senise, piktor Arbëresh.

“Il pittore di paesaggi deve camminare nella campagna con spirito umile, perché mai un essere arrogante saprà scoprire la natura in tutta la sua bellezza” Sono le parole del maggior paesista inglese John Constable. Per il maestro della pittura inglese era l'amore per la natura e per il paesaggio, che riusciva a muovere prodigiosamente i suoi pennelli e ad accostare armonicamente tonalità e colori.
Tutte le opere pittoriche che mostrano “Paesaggi”, sono certamente frutto di un lavoro sul campo; straordinarie visioni create non attraverso l’occhio di una fotocamera, ma esposizioni coreografiche catturate da occhi che sanno vedere, che poi rinascono fra danze di pennelli nel sottofondo di una musica soave che viene su, dal di dentro del cuore. La “veduta” sgorga da lì, fra giochi di colori, negli spazi inesplorati d’infiniti panorami amati e custoditi gelosamente nelle stanze ignote, dentro il magma incandescente dell’energia spirituale, sul fondo dell’anima.
Francesco Senise ha le scarpe impregnate d’argilla e, nelle piccole rughe, nei solchi leggeri che tracciano già le sue giovani mani d’artista, si scoprono perle di creta secche dorate, grumi di quella terra antica manipolata dai Greci, già prima del IV secolo AC. Affiorano in superficie, nel giovane piktori Arbëresh, quei caratteri primordiali della “Gente d'altro seme” di popoli e genti che concorsero a popolare Sybaris e, le terre della sua piana sconfinata, fin dall'inizio dei tempi: quando questi luoghi, accolsero i Trezeni espulsi dagli Achei, ed anche i Locresi e forse i Rodî, quando, diversi popoli migranti popolarono litorale ed entroterra della Calabria Citra.
Nelle tonalità accese e piene di luce, nella cristallizzazione dei colori del pittore calabrese, s’intravvede tutto il carattere dei Sibariti, i suoi paesaggi aprono nuove strade verso la ricerca e la riflessione. Innanzi a queste opere pittoriche, è come scorrere le pagine delle narrazioni di Diodoro, qui, l’occhio attento, potrà scorgere l’atmosfera di gioia calda e piena di luce, ricca di quella grande liberalità e di quella pacifica accoglienza, che gli autoctoni delle terre di Calabria hanno riservato nei secoli, agli stranieri qui sopraggiunti in ogni tempo.

In queste tinte forti e dense viaggiano cultura e civiltà dell’antico stirpe di Calabria, qui si possono scorgere il carattere e la leggenda che sono diventate storia vera di pacifica civiltà, d’integrazione e di convivenza con la concessione reale “al forestiero”, di tutti i diritti di cittadinanza nella sua totale interezza.
Senise, riassume e perpetua anime e culture diverse, essendo figlio di uno dei popoli più fieri e indomiti approdati sul suolo della terra chiamata “Italia”. Quelli della sua etnia originaria, "gli Albanesi", giunsero qui, quasi 550 anni fa, al seguito del principe d’Epiro Giorgio Castriota Skanderbeg, il condottiero, «l’atleta di Cristo», come fu soprannominato da papa Callisto III.
E’ per questo, che l’artista ha impresso nel suo patrimonio genetico “la tragedia della diaspora”, lo spirito malinconico degli esuli, la nostalgia per la patria perduta, il ricordo del leggendario condottiero.
Questi i semi hanno irrorato il solco della storia degli Albanesi di Calabria, dai cui germogli è nato un frutto più ricco, rigenerato, colmo d’amore e di una passione più grande per la nostra terra comune, che ha dato loro una straordinaria accoglienza.
Il piktori Arberesh porta impresso dentro l’anima il passato della sua gente:"gjaku yne i shprishur", "il sangue nostro sparso" e, da questo che
traggono più forza la luce e i colori del "vatra", (il focolare) della "gjitonia", (il vicinato) della "vallja", (la danza accompagnata dal canto) della"vellamja",(la fratellanza, rito di parentela spirituale) della "besa", (la fedelta' all'impegno, che è un rito di iniziazione sociale con precisi impegni di fedelta' agli impegni presi, senza alcuna prevaricazione).
Non si può resistere ai moti dell’animo, richiami e temi che hanno contagiato e segnato vita e opere di grandi letterati, poeti e testimoni del nostro tempo dei compatrioti in relazione con la madre patria Albania”: Girolamo De Rada, Anjeza Gonxhe Bojaxhiu, (Madre Teresa di Calcutta), Carmine Abate, Ismail Kadare, Gezim Hajdari.

Dai paesaggi del pittore Senise, si sprigionano effluivi di zagara e ginestra, le pitture sanno della grande fioritura a primavera, del canto degli usignoli al sol d’aprile, ed è qui, che la luce intensa del sole, indora acque e terre del Mediterraneo per poi diventare cornice cristallina di uno scenario straordinario e seducente. C’è la malinconia degli uomini del Sud, si cela fra le tonalità vellutate l’ombra dell’eterno tormento che incatena l’inquietudine umana:

"Tous les soleis"

Tutti i soli, all'alba, dormono ancora un po'.
Confusi, indifferenti,
non si preoccupano del fuoco del giorno,
dei volti degli uomini,
della morte, delle guerre.
Tutti i soli, all'alba, sono come dei bambini,
che non sanno che fare del tempo.*

E, nelle saline che compaiono fatica, muscoli e dolore; qui si respira un’aria da Vestibolo dell’inferno di Dante. Dietro lunghe scie di corpi martoriati e bianchi che scansano la lava melmosa dell’Acheronte, quando sudore e sale irrorano la terra nuda. Sono uomini forti, che pur si piegano sotto il peso del sale, ma non si spezzano, mai. Sudore e sangue amaro nell’andirivieni senza fine, su e giù per oltre duemila gradini, fra i cristalli e la polvere salmastra dell’antica cava salifera di Lungro, nel groviglio di quella miniera di salgemma, che ci ha raccontato anche Plinio il Vecchio e che è stata poi - per secoli - la più grande ricchezza della Piana di Sibari.
E’ pittore “valent'huomo” colui che “sappi dipingere bene e imitar bene le cose naturali” l’ho ha detto il Caravaggio; è per questo, che opere e arte del piktori Arbëresh, meritano attenzione e rispetto, perché Senise usa il sugo della storia per condire ogni creazione, prima di proporla all’umanità. Conosce la dedizione e la fatica, i mestieri del suo popolo, Il bruciore pungente delle sue saline, il lavoro delle donne, l’umiltà delle dimore. E’ questo, che egli esalta, è questo che egli forgia e calca. E’ questa, una delle sue scelte più emozionanti: far rivivere tutto e tutti, con semplicità e con armonia, con generosa partecipazione, con commozione.
Senise attraverso la pittura si fa interprete del pensiero di San Francesco nel mostrare, a mani aperte, la bellezza dell’opera sua: “Le cose semplici sono le più belle”. Sono quelle, che alla fine, sono le più grandi, ecco allora, che i colori dell’’Arco Calabro-Peloritano diventano la raffigurazione e la sintesi anche del pensiero di Francesco di Paola il taumaturgo: umiltà, carità condivisione, qui, ove “tutto è armonia”.
L’artista sicuramente persegue la rappresentazione fedele di un suo “luogo ideale” ed è per questo che egli imprime, temperamento, carattere e passione a tutte le sue creazioni che, si aggiungono, naturalmente alle opere belle e al lavoro eterno dell’uomo.
E’ con la pittura, attraverso la forza immaginifica, attraverso la potenza della natura ritratta che, l’uomo narra di se, nella speranza di riuscire a scavalcare la morte, restando per sempre sul fruscio del messaggio che è stato capace di narrare e trasmettere ai posteri.
Francesco Senise ci prova, con assoluta leggerezza, con fluidità ed eleganza e, sicuramente con straordinario piacere. E’ un tentativo legato alla bellezza, questo suo, di condensare la storia e diffondere con gioia «la sensazione della conservazione». Nelle zone d’ombra poi, il pittore, lascia tracce visibili del dolore, anche se adombrate e ovattate, perché sono – come diceva Bernardino Telesio - «la sensazione della distruzione».
E’ bella la natura di Francesco Senise, la sua “terra in vista” è un po’ il riassunto del sentire di Papa Francesco, “E’ il custodire l’intero creato e la sua bellezza”: - è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio, per la natura e l’ambiente in cui viviamo.

Rosario Sprovieri marzo 2016

*(Ismail Kadare)

di Rosario Sprovieri
Direttore Complesso museale dei Dioscuri,al Quirinale
2016

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