Pier Paolo Pasolini: Tracce

la Figura, l'Interno, il Paesaggio, il Sacro
Ben noto è il rapporto tra Pier Paolo Pasolini e l’arte. Quello tra la Storia dell’Arte e la produzione del grande letterato e cineasta è un abbraccio strettissimo: da Rosso Fiorentino a Piero della Francesca, da Masaccio a Caravaggio, Pasolini sposa la pittura con il cinema e con la poesia, in un unico serrato connubio. Il suo universo è potentemente iconografico e immaginifico e non sorprende che gli artisti contemporanei chiamati a reinterpretarlo con i propri linguaggi abbiamo ben accolto questo invito, affrontandolo con passione e intelligenza, ciascuno secondo il proprio sentire.
Grande protagonista delle opere contemporanee del progetto è il corpo, elemento onnipresente nella filmografia e nella letteratura pasoliniana. Un corpo umanissimo, fisico e reale, ma che Pasolini amava sublimare attraverso la citazione pittorica, per sollevarlo dalla pochezza del quotidiano, per preservarne la sacralità.
Molti degli artisti invitati hanno reso omaggio a quell’idea di corpo: Emanuele Gregolin e Maurizio Pometti con i loro giovinetti – i ragazzi di vita – plasmati nella sensualità di un colore potentemente espressivo; Ugo Riva, Daniele Scarpa Kos, Ferdinando Bruni, Sergio Battarola, Maurizio L’Altrella e Marco Rossi con le loro figure tragiche, immerse in atmosfere dalla tensione emotiva tangibile e palpitante. Pensano al corpo anche Giuseppe Siracusa che mette in scena una composizione dal forte taglio teatrale, che coniuga vita, amore e morte, e Paolo Caldarella, che sospende due corpi nudi in una dimensione priva di spazio-tempo, onirica e sospesa come un sogno. Ma rimandano al corpo anche la mano intessuta nei fili di metallo di Anna Santinello, una mano che si trasforma in gesto simbolico, in drammatica presenza, e i furiosi e travolgenti segni tracciati da Alessandro Verdi con il vigore e la meravigliosa istintualità che sempre contraddistinguono la sua ricerca. Il segno e il gesto pittorico tradotti in composizioni astratte ma dal forte impatto emotivo caratterizzano anche il lavoro di Chen Jianping , unico artista straniero in mostra (proveniente dalla Cina) e quello di Dolores Previtali, che per l’occasione sceglie un’opera ben distante dalla sua consueta produzione, affidando al potere del colore la propria riflessione.
Per Stefano Cipollari, invece, il volto è quello dello stesso Pasolini, assorto e pensoso, così come Ferdinando Freres, che trasforma una nota immagine del letterato in un’icona di ascendenza pop.
Infine è corpo, a proprio modo, anche l’ironica immagine del busto in giacca e cravatta dipinto da Vinzela circondato dai pedoni degli scacchi, quasi un riferimento al complessissimo rapporto che Pasolini aveva con la borghesia e i suoi riti. Il demone del consumismo, dell’uniformazione in una società che non apprezza più le diversità, si avverte, del resto, anche nell’opera di Sebastian de Gobbis, nella quale una veduta cittadina si stempera in un codice a barre. È un paesaggio anche quello tracciato con segno tormentato da Ivan Picenni: un paesaggio dell’anima più che un luogo reale.
E infine il terzo grande tema, anch’esso di straordinaria importanza nella ricerca di Pasolini: il rapporto con il Sacro. Sebbene si dichiarasse ateo, egli era in costante ricerca del divino. La tematica aleggia più o meno esplicitamente in varie opere del progetto, ma l’unico ad averla scelta come tema portante è stato Armando Fettolini. La scelta non è casuale: da sempre Fettolini affronta il Sacro con la propria arte, restituendogli il suo valore ancestrale e puro, ben distante dalle contraddizioni in cui l’ha costretto il cattolicesimo.
Simona Bartolena
sabato 18 ottobre 2025
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