PROSA: "NON PIANGERE!"

2023

                                   “NON PIANGERE!”                             

 

 

 

La prosa dell'autore Roberto Zaoner, intitolata "Non piangere", è un omaggio alla memoria della suocera, dedicata alla moglie nel momento del lutto. Zaoner esprime profonde emozioni e riflessioni sulla morte e sull'eternità dell'anima. Descrive il dolore e la tristezza di sua moglie di fronte alla morte della madre, dipingendo immagini intense e struggenti di perdita e separazione. L'autore si sofferma sulle emozioni contrastanti di dolore e speranza, sottolineando la bellezza dei ricordi e la continuità dell'amore oltre la morte. La prosa trasmette un senso di consolazione e accettazione della ciclicità della vita e della morte, con un'atmosfera poetica e contemplativa che invita alla riflessione sulla natura dell'esistenza e sull'eternità dell'anima.

 

 

        (Ricordando mia suocera. Un omaggio alla sua memoria) 

 

 

PREMESSA:

 

 

Alcuni tristi pensieri sono guizzati come baleni nella mia mente nel giorno del decesso di mia suocera. Hanno toccato il mio cuore e, dunque, ho deciso di trarne una prosa, che è più riconducibile ad una lirica che non ad un racconto. Mia suocera, lì dove ormai si trova, si prepara a ricevere dal Supremo Pantocratore la redenzione dei suoi peccati temporali. La sua anima sarà presto redenta e, più libera e più leggera, per grazia divina, felicemente spazierà in una dimensione parallela al nostro mondo di peccatori, al mondo reale; una dimensione senza più spazio, né tempo: l’Eternità che noi tutti in terra aneliamo. E la Luce si svelerà a lei sempre più forte e irrinunciabile. Ella passò dal sonno alla morte, dai sogni al buio, che non sarà eterno. “Ab eterno aeternum”. “Nessuna cosa ha mai avuto inizio e mai morirà”, dicevano gli antichi teologi e filosofi latini; locuzione che traduce la forma greca: “Dalla Genesi all’Apocalisse”, dell’apostolo Giovanni, o anche conosciuta come libro della Rivelazione, ultimo libro del Nuovo Testamento.

 

 

“La materia stessa niuno incominciamento ebbe, cioè a dire che ella è per sua propria forza ab eterno”

 

                                                                                                                          Giacomo Leopardi

 

 

 

L’anima di ogni essere vivente è in aeternum. Ciò significa che anch’essa non ha limiti temporali. Vivrà per sempre. Ha avuto però un inizio. Magari si trasformerà, ma vivrà “in aeternum”. Questa è la mia filosofia.

 

                                                                                                                               Roberto Zaoner

 

  

 

TESTO:


 

 

 Solo dolore vederla piangere e singhiozzare. Il suo pianto era intriso di grande dolore e lo sguardo che sembrava cercare qualcosa in quella stanza d’obitorio. Che pena guardarla accanto a lei… Mi pareva un piccolo volatile, senza più il suo nido a trovar ricetto. Un uccellino solingo. Un uccellino senza il tepore che solo una mamma sa dare, un uccellino smarrito in un angolo della terra.

Distesa era sua mamma su un freddo marmo inconsistente e che non conosceva dolore. Il marmo non ha un’anima. Non sa cosa siano i sentimenti. Non può dare conforto. Il suo compito è quello di accogliere cadaveri che chiedono solo pietà. E lì dalla finestra, un fioco e timido raggio di sole riluceva da quella giornata accorata e dolente. “Che pena mi fate voi due donne… Tu, Mariella mia, col cuore traboccante di afflizione, piangi accanto al suo corpo, inerme e freddo, senza più sospiri di vita”. Mentre piangeva, il suo sguardo era perso nel vuoto. Il tormento di una figlia che non si aspettava il decesso della madre, sebbene ormai molto anziana. “Piangi, mia cara! Piangi, se questo può lenire il tuo dolore!” Lei, povera donna, era distesa su un marmo freddo come un’alta nube in cielo. Lacrime d’amore scendevano lungo il suo soprabito nero, scuro come la notte, in attesa della luce, forse del giorno, forse dell’eternità per l’amata sua mamma. Lacrime che accarezzavano le braccia inermi della salma. Poggiava le gote sul suo viso immobile. Aveva preferito farsi vestire col saio, quasi avesse scritto un suo ultimo testamento. Lo diceva spesso: “Quando morirò… “, e coroncine nere poggiate sulle mani per recitare il rosario. E io piangevo dentro.  

Il volto era ormai sereno, quasi incarnato, com’era quando era in vita. Pareva che avesse raccomandato alla figlia di non piangere per lei. E la mia mente correva allora a quel giorno in cui mia moglie mi aveva confidato, che sua mamma ebbe a dirle in un tempo lontano:

“Vorrei essere un’aquila danzante nell’aria o una rondine in primavera e volare felice, e voi, miei cari piccini, dietro di me, ad assaporare il profumo della lieta e tiepida stagione, e a vivere la libertà. Capire cos’è. Viverla. Non piangere! Io non posso così assurgere alle alte vette col peso delle tue amare lacrime che versi per me e non potrò allontanarmi da questa valle di tormenti e di gioie, che la vita sa dare, di dolori e di passioni, di angosce e patimenti e di brevi momenti di felicità, di amori perduti e di amori ritrovati, di amori veri. Io sarò sempre vicina a te. Non piangere, figlia mia! Non piangere!”

Pareva ritornare al passato. La sua salma parlava di ricordi, di nostalgie, di tristezze e di momenti gioiosi, di tormenti e di pace riconquistata. E il suo sguardo si perdeva lì, nella sua Calabria e la giovinezza sfiorita come boccioli non ancora schiusi di bianche e grandi magnolie, che faticavano a odorare l’aria festante della bella stagione, dopo un inverno rigido e piovoso. Esili peduncoli a sorreggerli.

Un’esistenza bruciata in un letto a trovar conforto, con nostalgici ricordi di splendida fanciulla nata da un fiore immacolato. E io, a scriver parole come versi d’un poeta in questa notte di quiete, oscura e silenziosa.

Il freddo della morte, il buio della notte.

“Cogli quel fiore, moglie mia! Coglilo col sorriso, prima che possa appassire la speranza della Luce e donalo alla tua cara mamma! Avvolgiti nel manto dei bei ricordi! L’amore ti sarà vicino. Non sarà un inganno, e all’orizzonte nuovi colori vedrai scomporsi come l’arcobaleno ricco di particelle d’acqua piovana dopo la tempesta. Luci, colori, sorrisi, fiori in rigoglio ti accompagneranno nel tuo cammin di vita e vivrai di speranza che tutto ciò che ami non avrà mai fine”.

Ti guardavo, mia cara sposa, e pensavo quant’è breve la vita. Vorrei morire prima di te. La mia mente vede in avanti ed è angosciante. Il mio animo non trova ardimento.

Il volto di tua madre è ormai sereno. Ha raggiunto la pace che la terra le ha negata, ma forse non ancora la Luce. Ma presto arriverà. È lì che l’aspetta ansiosa. Vita difficile la sua. E se venisse un angelo a cercarla, quello sarebbe tuo padre, angelo di uomo, che tanto l’ha amata ed è volato in cielo. Diceva ai suoi cari che quando avrebbe lasciato questa terra e la sua vita, avrebbe visto da lassù il suo corpo dentro al sepolcro, che troppo presto lo ha accolto. Avrebbe continuato ad ammirare e ad amare la sua campagna che teneramente la curava. Avrebbe continuato ad ammirare e ad amare tutta la terra intorno e le verdi colline, ricche di ulivi e di fichi d’india, di limoneti e aranceti, col profumo dei loro fiori. Terra che profuma di zagara. Avrebbe ammirato lo stretto mare, con le sue fredde correnti e con la costa calabra che quasi sfiora quella di Sicilia in un abbraccio che mai c’è stato.

“Senti questo favonio che spira da ponente, mia cara? Sospinge quelle due nuvole di questa fredda giornata invernale. Guarda lassù nel cielo! Sembrano tracciare due profili che si guardano negli occhi sorridenti. Si amano. Dove siete? Dove siete?”

 



diritti riservati 

 

 



Roberto Zaoner

(Santa Margherita Marina <Me>,

nel giorno del distacco di mia suocera

da questa terra, l’08/01/2023 e il 09

gennaio 2023. Ultimata il 10/01/2023,

a Palermo)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Informazioni generali

  • Categoria: Poesia
  • Eseguita il: 08 gennaio 2023

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  • Archiviata il: 16/05/2024

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