RACCONTO: "PORTAMI CON TE"

2018

RACCONTO:



                              “PORTAMI VIA CON TE”

 


 

Il racconto "Portami via con te", di Roberto Zaoner, racconta una storia carica di dolore, amore e perdita, e il suo senso profondo ruota attorno a temi come la tragedia della dipendenza, la fragilità della vita, il legame indissolubile tra due persone e la speranza di una liberazione dall’atroce sofferenza.

Ecco i punti principali del senso del racconto:

1.   Il dolore della perdita di una persona amata: Giovanni, il giovane protagonista, sta vivendo il momento straziante del funerale della sua amata Anna, vittima della droga. Il racconto esplora il dolore inconsolabile di chi resta, di colui che ha amato profondamente e che ora affronta il vuoto lasciato dalla morte prematura della persona amata.

2.   La tragedia della droga come “croce” da portare: Anna è morta per overdose, scelta forse avventata o ingannata, ed è come se portasse una croce, simbolo del dolore e della disperazione che la droga ha causato nella sua vita e in quella di chi le voleva bene. La droga è descritta come una “maledetta” presenza che ha distrutto una giovane vita piena di speranza.

3.   Il legame d’amore indissolubile e il senso di colpa: Giovanni è devastato dalla perdita ma anche tormentato dal senso di impotenza, dal desiderio di aver potuto fare di più, di aver potuto salvare Anna o impedirle quella caduta. L’amore è così forte che Giovanni parla con Anna anche nella morte, immaginando di volare insieme a lei e al loro figlio non nato.

4.   L’idea dell’aldilà come liberazione e speranza: Nel racconto emerge la speranza che l’anima di Anna abbia trovato pace e libertà, e che Giovanni possa ritrovarla nell’aldilà, al di là della sofferenza carnale e della morte fisica. C’è un sogno di rinascita e di unione eterna, lontano dalle sofferenze terrene, simbolizzato dall’immagine dei gabbiani che volano liberi.

5.   La solidarietà familiare e umana nel dolore: Anche la famiglia della defunta, rappresentata dal fratello e dalla sorella, condivide il dolore di Giovanni e insieme si uniscono in un abbraccio di commozione e dignità. Il racconto sottolinea l’importanza del sostegno umano nei momenti più difficili.

6.   Riflessione sulla vita e sulla giovinezza spezzata: La morte di Anna, una giovane donna con un futuro e un amore, è una tragedia che segna per sempre Giovanni. Egli è costretto a riprendere il cammino della vita, ormai consapevole che nulla sarà più come prima, ma custodendo l’amore e la memoria di quello che è stato il suo “più grande amore”.

In sintesi, il racconto di Zaoner è una narrazione emotiva e intensa che descrive la sofferenza causata dalla perdita di una persona amata a causa della droga, ma anche la forza dell’amore, della memoria e della speranza in un futuro, anche se solo spirituale, in cui il dolore si trasformerà in serenità. È una testimonianza poetica e umana sulla fragilità dell’esistenza e sulla lotta contro le avversità che possono strappare via le persone più care.

 

 


 

Testo:

 

  

Nella portineria di quel palazzo, all’angolo di una strada trafficata, giaceva un tavolino con un piccolo registro ove era stato scritto un necrologio, e già tante firme erano state scritte da gente, per lo più giovani, che venivano a rendere omaggio alla povera defunta Anna, vittima delle avversità della vita. E con passo veloce arrivò Giovanni, giovane trentenne, che era legato da sentimenti di vero amore alla povera e sfortunata ragazza, di qualche anno più giovane di lui. Il giovane era distrutto dal dolore. Un tormento lancinante, che non gli dava tregua. Giovanni non si curò di servirsi dell’ascensore, ma salì le scale di corsa. Al suo arrivo, tutti quanti i presenti, che borbottavano sottovoce frasi addolorate per la tremenda realtà, si zittirono. Conoscevano il fidanzato della sventurata Anna. Era un momento straziante per lui. E tutti, con le lacrime agli occhi, assistettero impotenti alle grida inconsolabili del giovane, che per il dolore non poteva accorgersi che qualche mano si poggiava sulle sue spalle, in segno di consolazione e di partecipe dolore. Giovanni si adagiò disperatamente sul corpo della sua Anna, ancora caldo, dentro ad una bara di colore bianco: “Ti parlo con la mia mente e col mio cuore, mio infinito amore. Perché mi hai lasciato, mia adorata Anna? Qualche tempo fa, ti avevo letto una poesia di un anonimo. E alcune parole ancora me le ricordo. Le avevo fatte mie. Ti dissi che <la via più difficile da percorrere è quella che rifiutiamo>. Ma tu non mi hai voluto ascoltare. E sei andata per la tua strada. Ti eri illusa di essere guarita. Poi, cosa ti è successo? Non era una vera guarigione la tua. Ti venivo a trovare e tu avevi sempre belle parole per me. Mi consolavi. Non ti preoccupare per me! mi dicevi. Venivo a trovarti in quel triste luogo per parlare e stare con te. Percorrevo chilometri, ogni giorno, e poi al lavoro. Ma l’amore per te era più forte dello stress quotidiano. Non avvertivo neppure la stanchezza. Non dovevi però lasciarmi, amore mio! Ho portato una rosa rossa per te. Tolgo quel velo trasparente di raso che è appoggiato sul tuo corpo immobile, ma ancora caldo, e poggio questa rosa sulle tue mani, unite in segno di preghiera, accanto a quella croce che con una catenina ha avvolto le tue mani. Rosa rossa coi petali umidi di lacrime che ho versato per te. Le mie mani cercano adesso qualcos’altro, e scivolano lungo il tuo ventre che accarezzo delicatamente. Tocco così il nostro bimbo di tre mesi che tu porterai sempre con te, frutto del nostro bellissimo e indimenticabile amore. Nostro figlio che sorte avversa non volle portarlo alla luce e che aveva completato e maturato con la sua già esistenza il nostro amore. Era vivo e cresceva nel tuo utero. E tu lo portavi felicemente in grembo. Cuore di mamma. Cuore di un essere debole e travagliato. Avevi perduto, in età adolescenziale, i tuoi giovani genitori. Ma c’ero adesso io con te. Ma forse non ti bastavo. Avresti dovuto avere più fiducia in me. Mi amavi. Ed eri ricambiata in grande, e dal mio cuore potevi accorgerti che ero disposto a darti tutto. Me lo avevi promesso che non ci saresti più cascata. Non saresti più caduta nella loro infame trappola. Eri in comunità e lì dovevi ancora rimanere. Ti sei, invece, lasciata convincere che una sola dose di eroina non avrebbe compromesso la tua già fragile salute. Esseri disumani, farti credere che quella fosse la vera felicità. La tua ingenuità ti ha tratto in inganno. Se eri in astinenza, me lo dovevi dire. Ti avrei riportata in comunità. E ora ti prego: portami con te! Ovunque tu sia. Voleremo liberi come bianchi gabbiani, insieme al nostro figlioletto, su di un mare calmo e di un colore azzurro intenso e sotto un limpido cielo. Non voglio rimanere solo su questa terra, fatta da certa gente che non pensa che a fare soldi, dando la morte agli altri. Ti guardo e mi accorgo quanto sei bella. La tua carnagione bianca e i tuoi occhi appena socchiusi lasciano intravvedere il colore azzurro indaco dei tuoi meravigliosi occhi. Hai il viso rilassato, come succede a tutti gli altri defunti. E guardo dentro a questa salma, imbottita di raso di un colore grigio perla. Ti guardo affranto e pieno di lacrime. Continuo a piangere. Tolgo delicatamente il tuo anello che ti avevo regalato da quando ci siamo promessi amore eterno e lo infilo nel dito della mia mano. Così, ti porterò sempre con me. Ti bacio sulle guance ormai fredde

del sangue che non scorre più nel tuo corpo estinto. Ti bacio sulla fronte. Mi inginocchio, e davanti alla tua salma mi faccio il segno della croce. E pregherò sempre per te. Mi starai guardando dall’alto. Forse il tuo spirito sta aleggiando nell’aria di questa triste stanza e il nostro bimbo, che tieni in braccio, lo accarezzi amorevolmente e lo guardi con gli occhi di una mamma che darebbe un’altra vita per lui. Vorrei almeno che tu avessi ora raggiunto la tua serenità. Sicuramente ti sei scrollata di dosso questa croce: maledetta droga. Mi hanno portato via la mia amata e con lei la mia gioventù. Stammi sempre vicino! Ora sei andata via, ma sono sicuro che spesso mi verrai in sogno. E rideremo insieme felici. Adesso vado. Il mio dolore è troppo forte. Voglio portare il tuo odore sempre con me”

Un sorriso pareva scorgere il giovane dalle labbra della sua donna. Un sorriso rassicurante che gli raccomandava di stare sereno. Una mano si poggiò sulle sue spalle. Era quella di Gianfranco, fratello della sua indimenticabile Anna. Giovanni si voltò e guardandolo negli occhi lo invitò a pregare sempre per sua sorella. A loro si avvicinò pure Emilia, la sorella della sventurata defunta. E i tre si strinsero in un abbraccio struggente, e sommessamente e con grande dignità continuarono a piangere.

Il giovane poi, dopo aver salutato tutti quanti i presenti, uscì precipitosamente dalla stanza, ove tanto dolore aveva vissuto e tante lacrime aveva versato. Scese le scale piangendo e s’incamminò per la sua strada, con passo incerto e con la mente rivolta a quello che ne sarebbe stato del suo futuro, non più con la sua amata donna: quella splendida e sfortunata creatura della sua vita. E pensava già all’indomani, per un ultimo saluto, prima che il feretro fosse stato chiuso da una lastra d’acciaio, che uomini del mestiere l’avrebbero saldata a quella bara di colore bianco e una coltre sopra ad essa, nera com’era il suo tormento. Si voltò indietro col viso rigato di lacrime, e rivolse il suo sguardo in alto, verso la finestra aperta della stanza, ove giaceva il corpo della donna. Un soffio d’aura pareva accompagnarlo lungo il tragitto sull’asfalto umido per la pioggia del giorno ormai andato; per l’ultima volta. Guardò in alto nel cielo. Quel leggero venticello aveva perso la sua vitalità. Ma due nuvole bianche, unite fra loro, solitarie nel cielo terso e candide come l’animo di un bambino, parevano dipingere due cuori, per perdere pian piano la loro forma e scomparire per sempre nell’aria soleggiata. Poi, il giovane girò l’angolo e riprese così la sua vita, consapevole che quello sarebbe stato il più grande amore della sua vita. “Vedrai per l'ultima volta il mio viso rigato di lacrime, ed io vedrò il tuo mentre ti chiuderanno dentro una lastra d'acciaio, ma sarai libera di volare e io aspetterò che mi chiami. E voleremo insieme liberi dai nostri corpi e più leggeri saremo senza le nostre colpe, e sorrideremo felici al nostro piccino che non è mai nato, ma che è qui con noi. E sarà un trionfo dell'amore".

 

  

 

Racconto sbozzato il 24/02/2018. Rielaborato il giorno dopo.

Roberto Zaoner

 

 

 

 

diritti riservati

Informazioni generali

  • Categoria: Poesia
  • Eseguita il: 24 febbraio 2018

Informazioni sulla vendita

  • Disponibile: no

Informazioni Gigarte.com

  • Codice GA: GA230618
  • Archiviata il: 24/08/2025

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