presentazione

BARBARA VINCENZI LO SPECCHIO DEI TEMPI

Attento conoscitore del suo tempo, Vito Giarrizzo accoglie in sé qualche richiamo delle avanguardie storiche del ‘900, rimanendo coerente a un suo percorso di ricerca artistica, con l’intento di proporre nuovi temi e concetti, che suggeriscono altri spazi e altre dimensioni percettive. La sensibilità dell’artista va di pari passo con un mondo paradossale, intenso e pieno d’interrogativi.
La sua profonda cultura, assimilata negli anni attraverso studi e riflessioni, gli apre le porte a nuovi tragitti, geografie di mondi insoliti e sconosciuti, in cui l’uomo e la Madre Terra si confrontano reciprocamente.
Le regole infrante di un destino cercato tracciano l’inesorabile sorte dell’uomo e della Terra; gli abusi causati dal progresso devastano la natura, che a sua volta si ribella contro l’umanità, con effetti spesso catastrofici, è narrata con sapienza nelle sue tele.
Vito, vuole mettere in luce, come l’innovazione materiale abbia occultato definitivamente la reale visione della vita, rendendo l’uomo sterile al “sentire” autentico, compromettendo la qualità della sua intera esistenza.
Un uomo che “costretto” dalle infrastrutture sociali è soffocato nella sua vera identità, dove clamori si mescolano ad altre voci inascoltate, un assordante rumore di fondo, che decreta l’offuscamento delle facoltà percettive dell’intera umanità. La sua è
una lotta silenziosa contro le chiusure mentali e la difficoltà di sintonizzarsi con i tempi, con rinnovati modelli di comunicazione e organizzazione sociale. L’artista rivolge la sua attenzione alle profondità della mente dell’uomo, al suo Io, in un percorso in cui i pensieri sommersi arrivano alla superficie, risolti con il sapiente uso di colore e materia. Materia che si fa protagonista, che si sovrappone e divide in storie che a loro volta ne suggeriscono altre. Stratificazioni di scritture, che s’intersecano indicando nuove chiavi di lettura. Labirinti di pensiero, forme e identità nascoste si liberano alla ricerca di un diverso tempo e spazio. Nuovi percorsi, tracce intraviste, diversi significati, sono elaborati sulla tela, con la volontà di smascherare le “menzogne” che opprimono la società contemporanea.
Energie si aprono a nuove dimensioni spazio-temporali, svelando gli archetipi primordiali sopiti nell’uomo. Nuove rivelazioni s’intrecciano nella mente dell’artista, che di volta in volta prosegue un tragitto esplorativo, restituendoci nuove forme e assetti prospettici, capovolgimenti di piani e nuovi orizzonti del sentire.
Pensieri coltivati in un silente stato meditativo, approfondimenti che si svelano attraverso mille volti, che si legano ad altre emozionanti immagini che rimandano ad altre forme ancora e a nuovi significati. Colori e luci, che si addentrano, sempre tesi a catturare arcani che schiudono nuovi mondi e culture.
Baratri, vortici cosmici, indicano strade più nascoste, alla ricerca delle radici della vita, e della spettacolarità che questa inaspettatamente ci riserva.
La sua luce cerca l’invisibile, sonda l’insondabile, si specchia in mille riflessi nella magia dei paesaggi, filtra tra nebbie e pensieri, sovverte le immagini, illumina i volti, rende omaggio alla vita, si riflette nell’intimo, indaga le incertezze, visualizza le profondità dell’animo nei riflessi dell’esistenza e del mondo.
Tessere compongono paesaggi, montagne, laghi, cieli inesplorati, luoghi, dove il magma primordiale si fonde alla luce in maniera sinergica, restituendoci panorami che preludono a lontane origini dimenticate.
Visioni oniriche che diventano realtà, e realtà che si trasforma in sogni. Non vi è nulla di mistico ma energie che si uniscono svelandoci mondi paralleli, visioni magiche, percezioni antiche. Allegorie e metafore s’imprimono nella sua memoria, dove l’irreale e il magico s’incontrano tra razionalità e irrazionalità.
Il Caso assume un ruolo importante nelle opere di Giarrizzo. I temi complessi narrati sono sempre accompagnati dal senso della casualità e del gioco.
Progetti, schizzi e appunti sono risolti definitivamente sulla tela. La stesura della materia presenta forme variabili, date dal caso, che sono riprese nell’impeto delle sue idee e inserite in una nuova situazione esplorativa di spazio e tempo. Tempo che in Vito assurge a diverse intenzioni dimostrative. Il superamento delle vecchie concezioni del tempo e dello spazio pone l’artista di fronte all’esigenza di un cambiamento: attraverso la rappresentazione di clessidre, segna tempi illusori, i tempi della mente e di attimi fuggenti.
Storie quindi, create dal colore che ne ricavano altre e dal gioco del disegno appare l’inatteso: Il gioco della mente, capace di concepire e sintetizzare simultaneamente molteplici forme e idee.
Figure bendate che giocano a moscacieca, sintetizzano l’offuscamento della percezione umana verso la profondità, con spostamenti di realtà, “strappi di tempo” e spazio.
Sempre al passo con i tempi, con la curiosità di misurarsi con la realtà che lo circonda, percependo sempre più l’esigenza di un cambiamento nel quale il senso del reale va costantemente rapportato al mondo virtuale, l’artista, nella sua più recente produzione, si misura con gli strumenti digitali che le nuove tecnologie offrono.
Le sue stampe sono il risultato di un puzzle di pensieri che giocosamente re-interpreta, dove immagini dei suoi dipinti s’intersecano armonicamente a immagini del mediatico. L’ironia entra in campo, segnalandoci volti noti, tra segni del passato recente e di un futuro prossimo, che sono rielaborati dall’artista creando alternativi effetti cromatici, luoghi paradossali, dove lo stupore e il divertimento ci colgono, dove ci riconosciamo come identità attuali.
La democratizzazione dell’immagine: l’era della riproducibilità, luogo in cui Vito si misura con i nuovi mezzi informatici, affrontando con interesse la cultura odierna, cogliendone i suoi interni paradossi, tramite collage, remix e nuovi “arrangiamenti”, con un senso ludico di verità, tra parabole dei mass media e note effigi pubblicitarie.

Barbara Vincenzi

HANNO SCRITTO CRITICAL TEXTS


Alessandro Bini (1993)

Vito Giarrizzo vive e lavora a Firenze, di professione è architetto .
I suoi studi e la sua professione l’hanno portato, per più di trenta anni, attraverso varie esperienze italiane e nell`America Latina segnando la sua vocazione di pittore.
Non è noto al grande pubblico perché la ricerca dei contenuti, la vena filosofica e ideale l’ha condotto a un`arte complessa e non compiaciuta di facili virtuosismi. Media una natura “mediterranea “ del sentire con una profonda tensione spirituale verso i grandi temi della vita. S’interroga sulla natura della mente come fucina d’immagini e fonte d’ispirazione.
Il Pittore e l`Ispirazione sono uno dei motivi che ricorre nelle sue opere, il pittore che si toglie ogni maschera e diventando se stesso comincia a vedere “cose nuove e inaspettate “. Affronta anche la tensione dell`Uomo che divora il Se nella ricerca, che gira a vuoto e non trova, che percorre la vita senza “ vedere “, che proietta le sue creazioni come oggetti spaziali inquietanti, relitti che galleggiano in uno spazio senza tempo, un accumulo che rompe la purezza primordiale dei ritmi originari. C`è una spirale terrestre, fucina di vita e una spirale celeste che richiama verso l`alto, verso l`origine cosmica della Vita. È notevole la sfaccettatura dei piani prospettici, la dinamica delle profondità e il racconto attraverso punti di vista inverosimili di ciò che in realtà accade nella profondità dell`anima, nei sogni. La composizione e i colori sono organici alle idee che vogliono raccontare e vanno lette in questa chiave. Il volo, la mente che si libra libera nello spazio e nel tempo, regola le immagini. Il pittore che galleggia nell`aria, la marina che sfonda il primo piano, il davanti che diviene dietro con l`ambiguo gioco prospettico, le teste galleggianti e capovolte, forma il panorama simbolico di forze interiori. Davanti alla tela bianca, senza un disegno prefigurato, senza un tema stabilito in partenza e oggettivato, alla ricerca di ciò che ancora non ha esistenza condotto dal filo interiore dei pensieri, delle passioni, delle speranze e delle attese interrogando il futuro che solo il pensiero può creare. Davanti al magma degli avvenimenti, al caos sociale, alla confusione delle identità e dei ruoli, il pittore s’interroga e vede, tra le nebbie, lo spiraglio; vede nascere dal Caos un nuovo mondo, vita e morte che si generano a vicenda. È l`inizio del nuovo Millennio.

Alessandro Bini:
presentazione della Personale al Palazzo Comunale di La Rufina (FI)


Alberto Quattrini (1997)

….Quello che colpisce di VITO GIARRIZZO è la capacità di assimilare il discorso artistico delle grandi correnti che hanno dato irrepetibilità al nostro secolo, pur mantenendo una sua originalità che gli deriva dal porsi rispetto a queste, dapprima come osservatore, poi, grazie al filtro della sua sensibilità, come presenza interagente. Restano, comunque, settori privilegiati l`aspetto metafisico e quello surreale che caratterizza molte delle sue opere, né rimane senza eco il messaggio dei grandi muralisti sudamericani.
Sono forse i riferimenti a questi ultimi a far emergere l`umanità di Vito Giarrizzo, autore schivo che cerca nella pittura una risposta alle inquietudini del nostro esistere: una risposta che non può essere rasserenante, perché la vita non è tale, né può essere solo una sterile critica, perché la voce dell`artista non si accontenta di “ gridare al vento “. Una risposta quindi, che rispecchia il susseguirsi degli stati d`animo del pittore, senza per questo collocarlo in alcuna dimensione facilmente definibile.

Alberto Quattrini:
presentazione della Personale alla Biblioteca Malpighi (Sala Benjamin)
- Bologna 1997



Gregorio Scalise “UN MODERNO POSSIBILE”

Le opere di VITO GIARRIZZO appartengono per la maggior parte all’ultimo periodo della sua laboriosa esistenza. Scelte e accostate per piani sequenza dimostrano un’attenzione critico analitica ai movimenti della società e alle sue opinioni, per dir così, stratificate. Svolgere un’idea critica e nello stesso tempo non discostarsi dai canoni artistici richiede, è appena il caso di dirlo, una forma di militanza sobria e impegnata. Vi sono artisti che sottolineano le loro idee di dissidenza con una sorta di verbosità pittorica che se da una parte ne fa apprezzare l’intenzione, dall’altra ci pone di fronte a risultati almeno imbarazzanti.
Vito Giarrizzo ha conseguito la laurea in architettura nel 1970, appena due anni dopo il mitico ’68, ha frequentato numerose esperienze in Medio Oriente, in Africa e in America latina, ha partecipato a importanti imprese di edificazione e queste esperienze senza dubbio sono servite a far decantare certe qualità connesse al fare artistico e che non sempre sono positive: in altre parole gli hanno permesso la distanza e l’uso controllato dei materiali. Difatti quasi tutte le sue opere, esibiscono un rapporto riuscito fra un’idea critica e un’idea artistica. Correnti sotterranee di rilievo s’incrociano in questa pittura e guardando alcuni risultati, viene da pensare a Carrà e nello stesso tempo a certa pittura messicana (forse Rivera). Stranissima storia che in altri contesti andrebbe messa in maggior rilievo, di suggestioni primo novecento che s’imbattono nei murales messicani interpretati da un architetto occidentale quasi come continuazione e risposta. In altri lavori il segno di Giarrizzo può far pensare a Magritte o a una situazione post cubista, animati da un’alchimia della materia quasi informale.
Di notevolmente interessante questa pittura ha che si presenta come interpretazione ancora da compiere sino in fondo del moderno. Quello che in genere si rimprovera, e non sempre a torto, alla pittura contemporanea è una certa monotonia tematica e stilistica, per cui l’uscita dal moderno è realizzata, e va bene, ma non ci si può non chiedere, dove poi sia approdata. Qui, forse per merito dell’uso della distanza e della sobrietà di cui si parlava prima, ci si ferma con studiata decisione proprio sulla soglia, interrogandosi instancabilmente (giustamente e in obbedienza alla sua poetica, Giarrizzo è in attività costante) sulle strade da percorrere, sulle varianti da apportare, sui soggetti che meglio possa avere licenza di espressione. L’inizio del novecento è stato vertiginoso, con i suoi movimenti, i suoi grandi nomi, la carica innovativa e rivoluzionaria, le ricche prospettive offerte agli eventuali eredi, i geniali stravolgimenti della forma e del colore. E questo inizio da un certo punto di vista poteva (ed è accaduto) essere interpretato come fine, fine dell’arte, termine della possibilità di espressione.
Piace qui chiudere ricordando che un poeta francese parlando di Leonardo da Vinci, diceva che se si fosse trovato di fronte ad un abisso si sarebbe messo a pensare a come costruire un ponte. Possibilità attiva e dinamica, dunque, di costruzione, di risoluzione delle situazioni, il tutto senza se e senza ma. “ Si licet parva componere magnis “, Giarrizzo deve aver avuto un’intuizione simile e proprio da architetto (“ costruttore di ponti”).
La grande arte del novecento ha dato i suoi esiti e ha suggerito se non imposto la rottura non solo con i canoni antichi ma anche con quelli del moderno. Dando anche origine, si sa, a quel movimento che passa col nome di post-moderno. E se invece si provasse a continuare quelle grandi indicazioni senza irredimibili cesure, meglio, semmai, riflettendoci e saggiando dei nuovi passaggi, delle inedite transizioni e, forse, transazioni?
E’ probabile che Giarrizzo abbia pensato proprio questo o qualcosa di molto simile. Del resto l’uso contenuto delle suggestioni e delle forme non può non portarlo che in questa direzione.

Gregorio Scalise
Presentazione della mostra “cuori di carta” alla Biblioteca Comunale “Casa di Khaoula”
- Bologna 2007


Barbara Vincenzi “LE INQUIETUDINI DEL MONDO” (2008)

Vito Giarrizzo nasce a La Spezia nel 1940. Da giovanissimo inizia ad appassionarsi al disegno e alla pittura e questo lo porta da subito a voler approfondire gli studi frequentando il Liceo Artistico di Carrara e successivamente la Facoltà degli Studi di Firenze dove, nel 1970 consegue la Laurea in Architettura.
Stretto è il connubio tra la sua professione di Architetto e la veste di Pittore, ed è anzi il suo lavoro che lo conduce attraverso diverse e importanti esperienze italiane ed estere: i soggiorni in America Latina, Africa, Medio ed Estremo Oriente influenzano profondamente la sua visione artistica.
Dal 2007 si dedica interamente al lavoro di pittore, svolgendo la sua attività prevalentemente a Bologna, dove vive.
La sua ricerca artistica lo guida verso un’Arte complessa e profonda, che s’interroga sui grandi temi dell’esistenza umana. Attraverso la continua sperimentazione di molteplici linguaggi pittorici, sviluppa una sua personalissima visione dell’Arte, un’espressione originale, schiva dalle facili mode culturali e stilistiche.
Le inquietudini del Mondo, il malessere del quotidiano, la corsa dell’Uomo verso irraggiungibili mete che lo conducono alla ricerca dell’Io, del suo essere più intimo: l’Uomo si libera da infrastrutture e maschere per mettere a nudo le vere emozioni dell’anima umana. Vito Giarrizzo scava nel profondo, nel mondo sommerso, scandaglia la natura e la mente dell’Uomo per restituirci verità nascoste. I diversi interrogativi lo portano a rappresentare l’Uomo immerso in un Universo parallelo, nella dimensione onirica di realtà inverosimili: la dimensione interiore. Tramite abili giochi prospettici, piani sfaccettati e ribaltati, libera immagini collocate in uno spazio senza tempo. Situazioni e forme visionarie, forti ed eleganti si misurano e formano una geografia di simboli e valenze interiori. E’ il luogo della mente, dei pensieri e dei ricordi, dei grandi mutamenti dell’Uomo e della sua vita.
Vito attraversa le grandi correnti del Novecento Italiano ed Europeo, correnti sotterranee che s’intersecano nella sua pittura con risultati che fanno pensare a Carrà e contemporaneamente ai grandi muralisti sudamericani; altre volte, le sue atmosfere surrealiste ricordano Magritte o riportano a suggestioni post-cubiste. Linguaggi che conosce, assimila, restituendoceli in modo sobrio e impegnato, lontano da facili e approssimative collocazioni stilistiche o tendenze dell’epoca.

Barbara Vincenzi
Presentazione della Personale alla Galleria Lovetti – Ferrara 2008


Barbara Vincenzi “IL GIOCO DELLA TERRA” (2010)

… I suoi soggetti non sono di facile interpretazione poiché frutto di profonde riflessioni e domande: sull’Uomo e la sua esistenza sul pianeta Terra. Ed è proprio sul tema dell’Uomo e la sua realtà odierna, la chiave di lettura della sua ultima produzione artistica.
Il crollo di certezze, l’avidità e la follia predatoria dell’Uomo che non frena la sua corsa verso i danni irreversibili dell’ecosistema, le devastazioni ambientali, gli eccidi, sono sentiti da Vito come un collasso generale che generano in lui un proseguirsi di sensazioni e stati d’animo in continuo mutamento che ferma sulla tela con ambientazioni al limite del surreale.
Le atmosfere rarefatte dei paesaggi colti dall’alto ci lasciano un senso di vuoto, di smarrimento, di baratro interiore che ci induce a riflettere sulle sorti del nostro futuro.
Apre una finestra sul mondo: un uomo-giocoliere tenta di mantenersi in equilibrio su un filo portando con sé oggetti di uso quotidiano, sotto di lui un mondo lontano e denso d’incognite.
Fissa sulla tela il “peso” esistenziale dell’Uomo impotente nel portare il Mondo sulle spalle e allo stesso tempo l’equilibrio instabile con cui gli esseri umani si ergono a potenza suprema sulle sorti di un pianeta ormai sconosciuto.
La sua ultima produzione ricorda la compostezza metafisica, staccata dalla realtà quotidiana ma ricca di metafore, con un senso assoluto d’ineluttabile drammaticità.
Così, le opere di Vito Giarrizzo, apparentemente ”lontane”, raffinate e ben costruite, ci coinvolgono con i colori caldi e un attento uso della luce per spingerci oltre, per accompagnarci a una riflessione sulle incerte sorti del nostro pianeta.
Temi attualissimi, poco rappresentati, descritti con sobrietà e grande rigore estetico, con un linguaggio che, consapevole di un passato storico, si rinnova continuamente in soluzioni ed effetti di estrema modernità.

Barbara Vincenzi
Dalla recensione sulla rivista EIKON n.9 luglio-agosto 2010


Antonella Iozzo “TRA LE PALPEBRE DELL’UNIVERSO

Possibili transiti nell’impossibile mutante rivelato da Vito Giarrizzo. Un mondo in codice dove il soffio del tempo spira sull’anima, mentre sulla soglia dell’invisibile alchimia di emozioni e sentimenti congelano l’attimo e ne dipingono l’evoluzione. Percorsi che conducono sull’orlo di una notte vivida di bellezza, verità, esperienze di senso. Inconfondibile densa espressione in grado di portarci per mano nell’universo dell’artista mostrandocene le linee direttrici di fondo, assolutamente rigorose e venate da un’aurea di sottile ricordo.
Frammentazione di destini e costruzioni di grandi planimetrie logiche compongono la plastica solidità delle sue opere. Grandi tessuti reticolari, labirintici, dove ogni oggetto o soggetto vive di e per tutti gli altri, dove il suo sguardo retrospettivo si compenetra con quella visione delle cose che ormai va avanzando nella coscienza temporale. Mondi nascosti nell’archeologia del futuro germogliano presagi primordiali evocanti energia, spasmi e contrazioni sfumate da Giarrizzo con grande intensità espressiva tra cosmo e terra.
Cielo, immensità e infinito interagiscono, quindi, con la tensione esistenziale e nello spazio del dipinto inizia un viaggio simbolico e arcaico: l’universo freme. Eterne istanze proiettano la loro ombra sul momento in divenire, mentre sorgono interrogativi sulle vette della ragione. Ardui enigmi aggrovigliano il pensiero che avvolge ogni cosa in un’atmosfera metafisica, surreale, estraniante, mentre tutte le possibili confluenze e i riferimenti ipotetici si fissano nella pittura. Sono situazioni da analizzare sempre più in profondità, procedendo dall’apparenza fino a giungere alla compatta essenza interiore, realtà ultima portata alla luce da un’inesauribile riserva
d’immagini nascoste nel subconscio dell’artista. Apparenze coscienti, nuvole di magma pulsionale, rappresentazioni dietro le quali si cela l’intuizione iniziale, cioè l’invisibile ed il sensibile, spirali che ci conducono verso l’interno del dipinto, cuore delle impressioni percettibili, dalla coscienza assoluta, dall’infinito, della realtà-altra sospesa nella leggerezza evanescente di un’evocazione sensoriale assopitasi nella forma. Verità suscitata dall’Arte, splendida fiamma capace di sedurre e soggiacere nella libido della coscienza, anima risucchiata dal dolore, dalla solitudine, dall’io perso fra il mistero dell’Essere.
Nuove creazioni, quelle di Giarrizzo, in cui la vita resta come intrappolata e il mondo consolidato.
Luoghi dove trova spazio il sublime metafisico di un universo che è pura apparenza o estatica insensatezza? Domande equidistanti dall’impetuosa forza infinita che lo anima e dall’inebriante sensazione di potenza dentro al quale sprofonda. Immagini capaci di emergere dall’ispirazione come costellazioni di emozioni soggettive aggrappate al riflesso dell’oggettivo.
L’opera di Giarrizzo non appare tradizionalmente saldata dentro un armonioso e trasparente perimetro narrativo, non è incentrata sulla pura descrizione, ma è vertigine, presentimento, mutamento, è incertezza, dubbio, onirica visione e metafisica evasione, tutto racchiuso dentro forme di assoluta brevità, quasi spazi in orbita, quasi folgorazioni istantanee capaci di sfiorare le soglie del silenzio, quasi eclissi di luna, splendido astro che rinasce sulla crosta dell’ispirazione. Ed è come se rimandando a una dimensione di altissima tensione morale, l’anima nascosta della pittura iniziasse l’esplorazione dell’istinto, gioco sottile, pericoloso, imprevedibile che innalza castelli in aria e sfugge con fremito alle trappole del fato.
Lo stato d’animo dell’artista sembra frangersi nei diversi oggetti, appare contraddittorio, ma al tempo stesso sublimato, i sensi ne avvertono la sottile cadenza e, attraverso la forza della tessitura cromatica, toccano l’estremo del possibile, mentre la malinconia appare come bandita dall’immagine.
Pensieri sparsi su deserti infiniti, come trasfigurazioni oniriche di paesaggi interiori, rivelano vastità prospettiche entro cui risiedono elementi iconici, ai margini, invece, la memoria e il ricordo, o meglio, ciò che l’occhio vede e ciò che la mente rammenta, stabiliscono corrispondenze tra il passato e le nuove albe che irradiano il percorso verso la ricerca di valori e verità interiori. Tensione vitale e statica presenza, bellezza struggente e dolcezza drammatica, dualità delle pulsioni umane che regnano in un’atmosfera di pura poesia come l’essenza totale dell’opera di Giarrizzo. La sua sembra essere un’indagine diretta verso l’inconscio, verso i luoghi più oscuri dell’interiorità, un’indagine finalizzata a trovare una nuova e profonda ragion d’essere. Ricerca che approda nel primordiale come nell’istante infinitamente presente della nostra società. Evocazioni dell’ispirazione, sospensioni oniriche, riflessi, desideri e speranze fuggite dall’olocausto della mente, in una notte di agire istintivo e irrazionale, cullano il mondo nella sua inconscia nostalgia arcaica, un mondo la cui storia e la cui dimora non sono di nessun tempo, solo vibrazione sonora che implode nel vuoto dell’universo.
Il sentire estetico di Giarrizzo ne traccia il movimento e sotto la superficie pittorica, s’intravedono nuovi percorsi emozionali e nuove modalità espressive, sono caratteri strutturali dell’immaginario che improvvisamente pulsano d’esistenziale. Risveglio ai confini del mondo, anima che tende a recuperare il valore del momento, frammento, cellula in grado di fendere l’irrimediabile malinconia del disincanto e rendere nudo l’inesprimibile, verità racchiusa nel suo intrinseco mistero. Sconvolgimento sospeso tra la luce di un’allusiva eternità e la sua finitezza, che continua a spingere l’artista alla continua creazione di nuovi sensi, di nuove e più alte mete. Più in là, verso la labile luce del crepuscolo, la lucida coscienza di una plurisecolare evoluzione, inizia inesorabilmente a sgretolarsi, gli equilibri divengono instabili, vacillano in un coagulo di fermenti che portano in sé tutti i sussulti e le vertigini dell’umana realtà; cellula germinale dalla quale l’artista trae nuova linfa, nuova creatività. Saturazione cromatica, ritmo serrato, singolare impostazione spaziale e la presenza straniante del senso dell’essere in fuga dalla coscienza, e l’Uomo? L’Uomo tira le fila dell’illusione, intingendo la ragione in visioni spiritualmente eterei e moralmente edificanti, ma anche languidamente romantici con chiari di luna e tramonti scesi oltre i limiti permessi all’umano sentire, poi l’essenza, l’ideale. Quando la ragione non può comprendere la forza della visione, il corpo cede e il grande teatro del mondo parla all’anima al cospetto del delirio delle coscienze. E’ un oceano che attraversa tutti i significati, le certezze, i dubbi per giungere fin dentro l’ispirazione di Vito Giarrizzo come l’onda di una tempesta perfetta che solleva l’infuocato respiro primordiale e avvolge di ebbrezza celeste l’Esistenza.

Antonella Iozzo©Produzione riservata (7/02/2011)
Testo critico di presentazione in www.bluarte.it