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Pazzia Pazzia

“… e dunque Antonio Zenadocchio lancia lo stesso messaggio. Quel suo cognome prepone già lo sdoganamento del concetto di visione di altro e più lontano; Zen, il massimo momento di splendore della luce solare dovrebbe essere visibile ai suoi occhi (ad occhio). Così lui, che dipinge con amore, secondo me è verso quella luce che, effusa nel tentativo di rappresentarla con cento colori, timidamente appare nella sua pagina. Ha obbedito all’indicazione che ho inviato, la libertà del proprio sincero intimo stato, riportato come sensazione tra colori e parole. E ha scritto “pazzia”, il “sogno della pazzia” scrive lui proviene dal “vortice del colore”. Direi meglio: la tendenza alla luce del sole, verso un luogo da noi tutti intuito come obbligatorio e di un domani, che non ci vedrà più presenti in azioni e come persone sulla terra e nei luoghi che abitiamo, già ci attrae e trasluce dai nostri privati e pudici sguardi che rivolgiamo al cielo. Questo si che mi piace, perché è la porta verso la dematerializzazione di noi stessi e una speranza collettiva che tutti dovrebbero in sé alimentare. Pazzia è anche sinonimo di irrazionale, luce è anche sinonimo di paradiso, aggiungo che ciò che non conosciamo può già da noi essere considerato pazzia o paradiso, male o bene. Così è per la luce: realtà possibile o solo sogno.

Il libro strano dell'Arte , 2020 
Paolo Berti
Critico d'arte
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