Spheropolis Tavola 7

 Spheropolis e la Riconquista del Biologico

Recensione Critica della Tavola 7 – Progetto Spheropolis di Fanty Building

Nella Tavola 7 del ciclo Spheropolis, lo studio Fanty Building non si limita a proporre un nuovo modello urbanistico; mette in scena il funerale estetico del razionalismo novecentesco. L’opera si staglia come un manifesto del Globismo, dove la geometria sferica smette di essere pura forma geometrica per farsi "ecologia dell'abitare".

Il cuore pulsante della proposta risiede nei cosiddetti Mutanda Buildings. Qui, il termine non scivola nel vernacolare, ma descrive un’architettura-indumento: un involucro organico e flessibile che "veste" le funzioni umane senza soffocarle. Le strutture in bio-calcare e micelio, con le loro trame che mimano l'intreccio tessile e muscolare, offrono una protezione che è al contempo dichiarazione di vulnerabilità. La trasparenza delle bolle vitree espone l'intimità domestica e lavorativa, trasformando il segreto privato in una nuova forma di trasparenza democratica.

Il contrasto cromatico e formale è brutale. Sullo sfondo, lo skyline della città storica — una foresta di monoliti grigi e angolari — appare come un fossile della civiltà industriale, un’epoca di separazione e gerarchia. In primo piano, Spheropolis risponde con un’esplosione di toni terrosi e vegetali. La planimetria sociale che ne deriva non riconosce più il centro o la periferia: è un tessuto sinaptico dove il vuoto interstiziale, tra piazze a spirale e canali di fitodepurazione, diventa il vero protagonista del progetto.

Fanty Building ci costringe a guardare la città non più come un insieme di oggetti immobili, ma come un organismo in divenire. Spheropolis è un sistema a entropia positiva, dove il flusso di energia, acqua e relazioni umane circola senza soluzione di continuità. È, in definitiva, un'architettura che non occupa il suolo, ma lo abita, trasformando l'abitatore da consumatore di spazio a cellula attiva di un corpo collettivo.

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