Veturia Manni

pittrice

Veturia Manni è nata a Sezze (LT) Italy
Ha conseguito la laurea al DAMS presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna, con una tesi in Sociologia e Comunicazioni di Massa : La società dell'informazione e le innovazioni tecnologiche nel campo delle comunicazioni di massa-Risvolti sociali, culturali, ed economici". Relatore Chiar.mo Prof. Roberto Grandi.
Ha sempre avuto una forte passione per il disegno e la materia in genere.Ha frequentato la Facoltà di Architettura. ed un corso di Montaggio Cinematografico .
Per molti anni, ha lavorato in ambiti diversi, coltivando sempre la sua passione per l'arte e le immagini.
Formatasi con Warhol, Mirò, Burri, Fontana, Schifano .
Non ha mai trascurato il suo interesse per le dinamiche sociali, cercando di capirne e studiarne a fondo i meccanismi, è stata la vita, la casualità a riportarla nel mondo della creatività.
Ha ideato un marchio: "gioiellixcaso" gioielli d'arte contemporanea, nati dall'insieme di materiali riciclati, resina, e metalli ,pietre preziose e semipreziose.
Con le sue opere, Veturia cerca di fermare il tempo, sia un gioiello, o un quadro, elaborando immagini con colori e materia.



Veturia Manni
veturiamanni@gmail.it
04100-Latina
info:+393348618422
tel.fax 07731920314
www.veturiamanni.sitonline.it

Formazione

Laurea al Dams Università degli studi di Bologna
laura in Comunicazioni di massa (1987)
Ch.mo Prof. Roberto Grandi
Scuola di Cinematografia e Montaggio (Roma 1986)

Tematiche

sociali

Tecniche

Pittura,scultura, installazione,fotografia

Premi

Museo Monreale Attestato dal Critico Paolo Levi
Biennale di Lecce Riconoscimento speciale
Accademia dei Dioscuri Roma Riconoscimento e Premio
Biennale di Roma premio speciale
Attestato in occasione dei 100 anni della bandiera italiana Assisi
Attestato Villa Malfitano (Pa)
Natale di Roma Premio Speciale
Premio Pigafetta 2013

Bibliografia


Veturia Manni nasce a Sezze Romano (LT), attualmente vive e lavora a Latina.
Il suo percorso complesso e variegato, inizia negli anni ’70 a Bologna, dove si Laurea in DAMS Spettacolo, con una tesi sulla società dell’informazione e le innovazioni tecnologiche nel campo della comunicazione di massa.
Sempre attenta a qualsiasi forma di comunicazione e appassionata di Cinema, frequenta a Roma un corso di montaggio cinematografico e digitale e, poco dopo, si iscrive alla Facoltà di Architettura a Valle Giulia, Roma.
Tutte queste esperienze unite al suo percorso di vita, si intrecciano fra loro, portandola ad intraprendere il cammino verso la sua primaria passione, quella dell’arte, del creare, del fare.
Cinema, fotografia, architettura e pittura si fondono insieme, per dare vita a creazioni singolari, legate al mondo reale, ricche di un significato profondo ed intimo, incessantemente alla ricerca di attimi fuggenti che cercano la sorpresa, l’emozione in uno scatto fotografico.
Nel 2003, crea una linea di gioielli di gusto avanguardista, siglando il marchio “gioiellixcaso”, una ricca collana di monili realizzati con resine date in più strati, unite a frammenti di vetro, conchiglie, polveri ed altri materiali di recupero arricchiti ed impreziositi, riscuotendo notevole successo.
Dopo questa parentesi torna alla creazione di opere d’arte di sapore pop. Parte dalla fotografia, fermando diversi attimi di vita come elementi architettonici, spazi dismessi, luoghi e persone, e tutto ciò che la incuriosisce, in una sintesi di poesia e narrazione e una piacevole connessione tra soggettività-oggettività. Partendo da un progetto disegnato, sceglie la foto più consona, procede stampandola sul supporto di tela, reintervenendo, successivamente, con colori acrilici, diverse resine sintetiche, matite, gesso, tubi di neon luminosi e, talvolta introducendo anche il linguaggio verbale. I suoi scatti sono filtrati dalla sua immaginazione, attimi di passaggio fermati prima di un montaggio, che cercano il “movimento”, superando così il distacco e la freddezza del puro responso fotografico. Non ignora l’umanità, ma porta l’oggetto ad un interesse pari a quello della figura, sostenendo l’utilità di considerare il mondo fisico, come una collezione di cose mutevoli che osserva scoprendone ogni volta la bellezza e le diversa potenzialità intrinseche.
Per l’artista rimane fondamentale il riconoscimento nell’opera, dell’origine fotografica che ne costituisce l’elemento centrale. Qualsiasi oggetto, luogo o persona è godibile in quanto immagine multievocativa: Veturia fonde abilmente arte e vita, percependo l’influenza fra uomo e tecnologia, riuscendo a coniugare armonicamente capacità naturali e casuali. Ed è proprio la casualità un esplicito riferimento al dadaismo storico con la sua forte componente ludica, seppur l’artista prende le distanze dal loro spirito dissacratorio e nichilista, ma al contrario il suo diventa un inno alla vita.
Nella “Fontana” ferma l’elemento architettonico, una fontana dismessa che rivela una nostalgica ammirazione per quella parte di passato recente che non è ancora storia. Così anche nella “Trave” o “Il Muro”, dove ritrae muri sgretolati , a cui aggiunge colore denso e materico, resine e lacche, colpi di luce, ridonandogli nuova vita.
Adopera con incessante vitalità nuove tecniche e nuovi materiali, fra cui la plastica, vista come elemento del nostro secolo, non bio-degradabile, ma riutilizzabile a fini di puro estetismo. Il riferimento alla pop-art è d’obbligo, in particolare alla pop-art della seconda fase che, sposta l’attenzione all’ambiente circostante, con interessanti affinità alla pop-art inglese, meno aperta al progresso di quella americana, più nostalgica e “poetica”, infatti gli artisti europei tendono a scorgere nella realtà non solo il mero consumismo, ma “mitologie quotidiane”. Il suo è un pop-figurativo, memore del gioco dadaista e degli oggetti-immagini riutilizzati a scopo artistico.
Molto interessante risulta essere l’opera “Le quattro stagioni” che ritraggono quattro frame della stessa donna, attimi rubati e fermati prima di un montaggio, frame di un film legato mentalmente al Cinema francese, in particolare al “realismo poetico” della Nouvelle Vague, in una sintesi di vera poesia visiva.
In “Occhio onirico” ci presenta l’icona tipica del nostro secolo: la vetrina di un Mc Donald’s. Quest’ultima viene ripresa fra luci notturne che rimbalzano sui vetri e si riflettono sull’obbiettivo, rimandandoci un’immagine quasi astratta-surreale di luci e colori, dove l’artista interviene con lacche e resine che al contatto con l’aria esterna e l’umidità lasciano gocce, impronte casuali dovute alla temporalità. L’effetto finale è quello di un’effige del Duemila, filtrata attraverso una sottile pioggia che bagna delicatamente l’intera immagine in uno “sguardo metafisico della realtà”.
Un momento di lavoro è ben descritto in “Colore”: l’artista sposta l’attenzione su un secchio con pennello intriso di colore, pronto all’uso da un imbianchino in un cantiere, che viene impreziosito con raffinata eleganza dal semplice neon che ne percorre il perimetro per esaltarne la pura forma estetica.
L’utilizzo del neon ricorre con prepotenza in “Rosso” dove è proprio la luce a disegnare la grande forma del cuore, collocato sulla base di una trave percorsa da “nervature” che ricordano la corteccia dell’albero in un binomio di natura-uomo. Chiaro il riferimento alla società, all’uomo e all’ambiente circostante, il tutto risolto con la medesima semplicità e sobrietà.
In “Interno”, un grande spazio in disallestimento, l’insegna di una libreria si lega sinuosamente ad una serie di omini di carta ritagliata, quasi un ricordo d’infanzia, dove si rincorrono piacevolmente diverse tonalità di grigio in cui spiccano rossi vivaci.
Estraniante è “Un viaggio oltre me”, dove ricordando il concetto della Land Art, il pensiero che la ispira è che nella modificazione discreta del paesaggio vede l’opportunità di definire attivamente la relazione tra l’uomo e la natura, e quindi quella più ampia tra l’uomo, lo spazio e il tempo. Una visione panoramica colta obliquamente d’alto sullo sfondo di un colorato arcobaleno dopo la pioggia. Al pari in “Tu eri qui” dove, in un luogo degradato e dimenticato, introduce sopra un muro ingiallito una scritta quale metafora e testimonianza del passaggio dell’uomo. Citiamo “Scherzi di luce”, dove gli effetti di luce dati dai neon e dalla fotografia si intrecciano in un astrattismo-lirico.
Impronte, colori, materia, segni verbali, luci e fotografia, lacche, resine ed odori di luoghi si amalgamano in una esauribile “fonte” a cui attinge Veturia, con la piena consapevolezza di una estrema libertà di sperimentare sempre nuove forme di comunicazione in una sorta di “mappa topografica interiore”.